C’è una parola in moldavo che in qualsiasi dizionario di un’altra lingua non si puo’ trovare: DOR.
Dor è un mondo, è uno stato d’animo, è una mancanza, un desiderio, un amore che vorresti che tornasse, lacrime, felicità, dolore, nostalgia, ricordi… quando usiamo questa parola in una frase o in un discorso, qualcosa dentro nel cuore si muove appena la si pronuncia. Dor, nella nostra cultura, dopo la parola amore, è la più usata nelle canzoni e nelle poesie.
Dor per me sono i miei nonni e i ricordi che ho di loro. I nonni materni li ho persi troppo presto, ma ricordo che ho sofferto e l’amore per loro è forte anche oggi. Quando torno a casa mi faccio sempre raccontare da mia mamma o dalle zie qualcosa su di loro. La vita non è stata buona con loro, un dolore grande li ha mangiati piano piano, anno dopo anno e alla fine le loro anime si sono lasciate andare. Oggi il loro dolore lo porto io nel mio cuore e mi sono promessa che finchè vivrò ne avrò memoria e rispetto.
Mi piace ricordare il nonno materno chiuso dentro il suo laboratorio di falegnameria, sempre indaffarato. Era un grande e rispettato falegname. Aveva radici gagauze e questa cosa mi rende orgogliosa, forse perchè mi piace pensare ed immaginare che i miei antenati fossero dei varolosi turchi con una storia ricca come leggo nei libri di storia. Il nonno odorava sempre di legno e quando andava in bicicletta attaccava delle mollette alle estremità dei pantaloni, così riusciva a pedalare meglio. La nonna aveva sempre il fazzoletto in testa e il grembiule attorno alla vita. Cucinava una minestra con fagioli e barbabietola di una bontà unica (la chiamavo sempre minestra rossa), succede a volte che nell’aria sento il profumo di quella minestra e mi piace pensare che è lei, la nonna, vicino a me.
I miei nonni paterni erano buoni e cari, amavo molto da piccola andare a trovarli. La nonna aveva un sorriso contaggioso, rideva sempre di gusto e parlava sempre dolcemente a noi nipoti. Amava molto la chiesa, conosceva ogni preghiera a memoria, e in chiesa aveva il suo posto assegnato, non si perdeva nessuna quaresima: con rispetto e devozione seguiva ogni regola. Con il nonno aveva un rapporto speciale, si vedeva che si amavano e rispettavano. Il nonno le parlava sempre con dolcezza. Lui per tutta la vita ha avuto un cavallo con la carrozza, e com’era orgoglioso ogni volta che ci saliva! Quando ho perso prima la nonna e poi dopo qualche anno il nonno, ero lontana milliaia di km. Ai funerali non sono potuta andare… Arriverà il momento in cui mi potrò mai perdonare questa cosa? Penso mai!
Mi fa sentire bene ricordare i nonni, mi fa sentire bene tenere sempre vive le mie radici. E in fondo la parola Dor mi fa sentire a casa.
Pensavo e ripensavo quale mia foto poter allegare a questo articolo.
Alla fine ho scelto questa foto scattata nel 2016 da qualche parte nei campi del mio paesino. Questo è un tipico pozzo moldavo, detto anche “cumpana”. I nonni paterni ne avevano uno uguale nel loro giardino, ero sempre attratta da quel pozzo: mi piaceva il rumore che faceva il secchio vuoto appena toccava l’acqua in fondo al pozzo e mi piaceva il movimento delle braccia che si doveva fare per tirare su il secchio pieno d’acqua.
Anche i nonni materni avevono un pozzo nel loro giardino, ma fatto in modo diverso. Vicino al pozzo c’era un albero di mela cotogna. Aveva un profumo incredibile quell’albero! Ma ancora più profumato era il succo che faceva la mia nonna con i suoi frutti!
Tatiana