Due anni di guerra e giudizi.

Due anni di guerra in Ucraina
Foto dal web, febbraio 2024 da qualche parte sul fronte ucraino.

Da quando è iniziata la guerra in Ucraina mi capita di sentire o leggere commenti che davvero mi fanno paura. Si, ho paura quando sento dire che non si devono più fornire armi o che si deve trovare la pace e dialogare per la pace, certo come se la pace si trovasse così facilmente per strada o da qualche altra parte. Ho paura quando la gente, o alcuni giornalisti, si mettono con il loro metro di giudizio e totalmente inesperti a misurare quali delle guerre che ci sono oggi nel mondo è più importante dell’altra. Questa è una cosa orribile! Come se un popolo ha più diritto di un altro a combattere per la propria libertà.

Nell’ultimo periodo in tanti sono diventati insofferenti verso la guerra in Ucraina, quando leggono o vedono i servizi alla TV cambiano canale o girano la pagina del giornale sbuffando: “ancora sta guerra”. Come se volessero a tutti i costi che tutto finisca al più presto possibile così vanno a dormire tranquilli: “oh bene dai nella vicina Ucraina non c’è più guerra, adesso posso farmi gli affari miei con la coscienza pulita”. Ho l’impressione che più la guerra è vicino a noi come territorio, chilometri più ci si chiude nel guscio “non voglio vedere, non voglio sentire, finitela al più presto”.

Voglio dire a quelli che gridano no alle armi, vi siete mai fermati e chiesti perché il popolo ucraino resiste ancora? Forse in questi due anni se lo avessero voluto avrebbero ceduto, no? Vi siete chiesti perché in questi due anni i soldati ucraini sono pronti a morire per la loro patria gridando “Gloria all’Ucraina!”?

Voi siete qui nelle vostre case, nei vostri letti, nei vostri bar a far aperitivi emettendo giudizi pensando di sapere tutto sull’argomento dopo aver letto un articolo chissà dove, o visto un video su Instagram. Beh, vi dico una cosa, magari è giusto se andate in biblioteca per documentarvi sulla storia, parlate con persone che vengono da quei paesi dove la Russia ha sputato per decenni, chiedete a loro perché non hanno voglia che la Russia torni a occupare e terrificare, perché fa così orrore questo pensiero. Cercate i blog dei giovani russi che coraggiosamente scrivono della tirannia del loro paese, guardate le interviste fatte per strada nelle città russe ai cittadini russi che per paura di non dire una parola sbagliata parlano della guerra con gli occhi, con lo sguardo pieno di lacrime. Informatevi con quale prezzo si paga in Russia la libertà della parola.

In questi due anni ne ho sentite davvero di tutti i colori e il cuore mi faceva e fa male. Perché nessuno di quelli che danno dei giudizi si è preso il disturbo di chiedersi semplicemente: “Perché resistono così tanto?”

Io so, io mi ricordo, io non dimentico ed io con orgoglio dico: Grazie Ucraina che ci stai salvando!

Tatiana

Amare i libri non è per tutti.

Mentre ero al mare cercando di rilassarmi sotto l’ombrellone con un libro di Danielle Steel e i miei figli facevano finta di giocare insieme, ma in realtà si buttavano la sabbia addosso come se fossero al Carnevale con i coriandoli, pensavo che da un po’ qui sul blog non parlo dei libri.

In realtà non saprei descrivere bene la mia grande attrazione e rispetto verso i libri. Forse l’ho già detto e scritto in qualche mio articolo che ho un’ammirazione immensa verso le persone che hanno scritto un libro. Quel dono formidabile, quella benedizione divina che ti fa dare vita alle tue fantasie, ai tuoi pensieri, ai tuoi desideri. Tante volte mi capita di fermarmi durante la lettura e pensare “wow, come vorrei saper esprimermi così” o “cavolo, quanto ho ancora da imparare!”. Non capita anche a voi, davanti a un libro, di sentirvi coinvolti nella vita dei personaggi fino al punto di non voler lasciare il libro, di volerlo finire subito?

Ci sono delle letture che anche dopo anni sono rimaste nel mio cuore, soprattutto i personaggi. Ci sono ambientazioni che mi affascinano e mi colpiscono fino alle lacrime. Poi ci sono storie di vita, amori, drammi che lasciano il segno. Ci sono pensieri, frasi e dialoghi che racchiudono letteralmente dei mondi.

Mi sono sempre piaciuti di più i libri rispetto ai film. Leggendo mi creo un mio mondo, le parole mi trasportano in un’immaginazione infinita che nei film si perde, perché magari trovi un attore che detesti o un’ambientazione inadatta. Ogni tanto rifugiarsi in una lettura è meglio di qualsiasi realtà fisica.

Nei giorni scorsi è stato assegnato il “Premio Strega”, un prestigioso evento letterario che premia gli autori italiani. Quest’anno ha vinto il libro “Come D’aria” di Ada D’Adamo. Per assegnare questo premio c’è una giuria che dopo aver letto i libri in gara e dopo varie valutazioni proclama il vincitore. Alla serata di premiazione era presente il nostro ministro della cultura G. Sangiuliano, che faceva parte della giuria. Nel suo intervento, dopo aver detto delle frasi fatte e scontate, dice che leggerà i libri che hanno gareggiato… Aiutooooo, ma non avrebbe dovuto leggerli prima, visto che faceva parte della giuria o ha votato in base alla copertina più bella?! La faccia di Geppi Cucciari, che lo stava intervistando, dopo aver sentito le parole del ministro era davvero sconvolgente, come anche la mia dopo aver visto il video che si trova tranquillamente su internet. Anzi io avevo anche detto “che figura di m…” e non escludo che anche Geppi l’avesse pensata così.

Vi ho raccontato di questo episodio per farvi capire che amare i libri non è per tutti. I libri non si scelgono in base all’appartenenza o al ruolo che sia ha. L’attrazione per la lettura viene da dentro, da dove inizia l’anima. Non condanno chi non ama leggere, ognuno nella sua vita sceglie le sue strade, ognuno da priorità e importanza a quello che ritiene giusto per se, e questo è da rispettare assolutamente! Però se si fa parte di una giuria per assegnare un premio letterario, il fatto di leggere i libri in gara direi che è fondamentale, la pigrizia, sei o non sei un ministro, la devi sconfiggere!

Mi piace concludere questo mio articolo con la frase di T. D’Auria “Ho conosciuto il nulla nelle grandi cose, ma ho trovato l’immenso nelle piccole cose.”

Vi lascio alcuni titoli delle mie ultime letture. Sul mio profilo instagram trovate tutti i libri che leggo con le respettive recensioni e pareri personali.

“La casa dei bambini dimenticati” di Owen Matthews.

“Un giorno d’estate” di Shari Low.

“Sangue freddo” di Robert Bryndza.

“Fino alla fine dei giorni” di Danielle Steel.

“Il gioco della vita” di Danielle Steel.

Tatiana

“Oggi non si parla del futuro. Si parla del giorno di oggi se non hanno sparato, bombardato perché non si sa domani cosa può succedere.” (intervista)

È passato un anno giusto da quando è inizita la guerra in Ucraina. Pensavo e ripensavo a come potevo dare il mio contributo per ricordare questa data. È un argomento che mi sta molto a cuore, l’Ucraina è la vicina di casa della Moldova, il mio paese, e un amico non si lascia mai in difficoltà. In questa intervista voglio dare spazio alla voce delle persone ucraine.

Conosco da più di un anno Oksana, una ragazza che viene dall’Ucraina. È nata subito tra di noi una bella amicizia, ricordo la mattina del 24 febbraio, quando è iniziata la guerra, ci siamo incontrate davanti all’asilo dei nostri bambini e ci siamo strette in un abbraccio.

Oksana dal primo giorno dall’inizio della guerra si è data da fare mandando nel suo paese aiuti umanitari di qualsiassi genere. Oggi è ancora attiva, nel suo piccolo si è presa l’incarico di aiutare 3 orfanotrofi, che si trovano sul suolo ucraino. Prepara con cura dei pacchi per quei bambini lontani dal mondo intero. Insieme a Oksana c’è Yevheniya, un’altra sua compaesana e il suo compagno Elio. Nella mattina in cui sono andata a trovarli per un’intervista erano indaffarati a sistemare delle calzine da bambino, avevano più di due sacchi enormi da smistare. Elio con tanta pazienza e attenzione faceva il suo lavoro, Oksana e Yevheniya si sono sedute vicino a me ed abbiamo cominciato a chiacchierare.

A Oksana, quando nominavo la parola Ucraina le si riempivano gli occhi di lacrime, ma la forza e l’energia che depone in quello che fa è davvero invidiabile. È un anno che si occupa di raccolte umanitarie, non si ferma mai. Ha tanta energia e forza, mi ha detto che ora quelli che sono rimasti lì a combattere, per lei sono come fratelli e sorelle.

Yevheniya, emozionata anche lei, con un orgoglio patriotico enorme mi ha parlato del suo popolo, della loro storia travagliata; invece quando le avevo chiesto qualcosa della politica diventava dura; beh, si sa, la politica è sporca, i giochi politici non portano niente di buono. I suoi parenti sono lì in zona Ternopil, città di Zbarazh.

Oksana, tu quest’estate sei tornata nel tuo paese, sei della regione di Kolomyia che è a ovest. Hai ancora lì i tuoi genitori e fratelli. Cosa hai notato come prima cosa quando sei arrivata, com’è cambiata la vita? Avevi paura quando suonavano le sirene?

“Tristezza… tutto grigio, non ho trovato più lo spirito di una volta. Però la gente è molto corraggiosa, costruisce quel poco che è nelle loro forze pur sapendo che magari domani potrà essere tutto bombardato. Ho visto mamme con bimbi piccoli nel passeggino, che mentre suonavano le sirene emanavano un coraggio che non si può descrivere. Non ho mai avuto paura mentre ero lì, le sirene suonavano anche 3/4 volte al giorno.”

Cosa ne pensate di quelli che dicono di non dare più le armi all’Ucraina? Il popolo ucraino acceterebbe una pace forzata?

Oksana: “Da una parte capisco quelli che dicono così… ma dall’altra parte con un fiore non puoi vincere la guerra. Non auguro a nessun di vivere quello che viviamo noi, popolo ucraino. C’è gente che da un anno vive senza acqua, luce, gas, gente che vive negli scantinati da 8 mesi, non vedendo la luce del sole per giorni. Una pace forzata non può esistere, tutti quegli uomini, donne, bambini morti, la pace forzata e finta, no! La pace solo quando Putin sarà sconfitto!”

Yevheniya: “Mai una pace forzata, la guerra è terribile e ti dico che la Russia è inaffidabile perché tra un anno o due o dieci inizierà tutto dall’inizio. Ti dico una citazione “non vale nemmeno la carta dove loro mettono la firma”. Nel 1994 a Budapest si era firmato un memorandum dove la Russia avrebbe rispettato le frontiere e la sovranità dell’Ucraina. Abbiamo consegnato alla Russia tutte le nostre armi, perché sul territorio ucraino c’erano le centrali nucleari, pur di avere l’indipendenza e la nostra sovranità e guardaci ora: già dal 2014 questo memorandum è stato violato”.

Insieme a Yevheniya e Elio state organizzando, raccogliendo aiuti da mandare a questi tre orfanotrofi in Ucraina. Cosa mandate?

Oksana: “I bambini la prima volta che hanno ricevuto i nostri pacchi, ricordo avevamo mandato 9 pacchi, erano molto felici. I bambini pensavano che più nessuno pensasse a loro e che nessuno più gli volesse bene. Quando hanno visto i vestiti, giocattoli ci hanno detto che avevano gli occhi che brilavanno, non potevano credere che qualcuno si fosse ricordato di loro. In questi orfanotrofi sono ragazzi dai 6 a 14 anni rimasti orfani in questa guerra. Adesso stiamo cercando magari dei computer vecchi da sistemare e mandare lì. I bambini in queste strutture dipingono, è una specie di terapia per superare e dimenticare. Quando sono negli scantinati quando suonano le sirene, cantano così riescono a non pensare alla guerra che c’è sopra le loro teste. Cerchiamo di mandare vestiti, scarpe, dolci, prodotti di cancelleria, materiale per dipingere.”

Yevheniya: “Quando raccolgo i vestiti li lavo con cura, li stiro, voglio che arrivino a loro cose belle, si devono sentire amati. Ma poi lì non hanno tempo, ma neanche la possibilità, di lavare le cose; i vestiti che arrivano devono essere pronti all’uso. Lo faccio davvero con molto sentimento, sono molto attenta e ci metto molta cura perchè sono bambini.”

Come vive la gente nei territori dove è la linea rossa della guerra? Senza luce, acqua potabile, gas? Per esempio l’acqua da dove la prendono?

Yevheniya: ” L’acqua la prendono dai pozzi, se ci sono, adesso che è inverno sciolgono il ghiaccio, la neve. Poi ci sono anche volontari che portano l’acqua potabile. Per esempio a Bakhmut i volontari erano molto importanti ma ultimamente anche loro fanno fatica ad entrare in città. Per entrare in città hanno bisogno di un permesso speciale, perchè si combatte tanto e i militari ucraini, sapendo che ci sono in giro i volontari, hanno paura di colpire qualcuno. Invece con questi permessi speciali, sanno chi è entrato in città e chi è uscito o se manca qualcuno all’appello. Si fa tutto per la sicurezza delle persone, perchè i combattimenti sono strada per strada, condominio per condominio.”

Quando chiamate i vostri parenti in Ucraina, parlano del futuro?

Yevheniya: “No, oggi non si parla del futuro. Si parla del giorno di oggi se non hanno sparato o bombardato, perché non si sa domani cosa può succedere.”

Ascoltare queste due donne mi ha fatto pensare molto, non c’è rabbia nella loro voce solo tanto orgoglio patriottico e voglia di essere d’aiuto per quelli rimasti in Ucraina. Oksana poi mi ha fatto sentire un’intervista dal fronte di questo soldato, Alessandro, che viveva insieme alla sua famiglia qui in Italia, ma una volta scoppiata la guerra è tornato a proteggere la sua terra. Alessandro racconta che quando va casa per casa nelle città dove si combatte si scrive delle cose sulle mani, come un promemoria. Di cosa ha bisogno la gente: medicine, cibo o nomi di persone che stanno cercando. Mi ha colpito una frase di Alessandro e non la posso dimenticare: “Devo vivere perché domani devo portare cibo e medicine alle persone. Non posso morire…”

Oggi anche le donne ucraine hanno voglia di combattere, nelle città si stanno organizzando dei corsi per donne così anche loro possono proteggere la propria terra! Le donne ucraine che tanto hanno subito in questo anno terribile di guerra!

Oksana mi ha fatto vedere anche le candele artigianali che stanno preparando per mandare ai soldati sul fronte. Ne hanno già mandate più di mille. Per preparare queste candele usano scatolette di alluminio, cartone e cera.

Ho passato la mattina del 24 febbraio insieme a queste due donne che nel loro piccolo fanno tanto! La loro dignità ed il loro coraggio fanno capire perché l’Ucraina non si è arresa, perché nessuno può portarti via la tua terra e la tua casa, anche se quel qualcuno è più forte e più grosso. L’amore per la propria patria può sconfiggere qualsiasi mostro!

Se avete voglia di contribuire, anche con poche cose, come vestiti, giocattoli, pennarelli o qualsiasi altra cosa, Oksana e Yevheniya saranno felici di raccogliere tutto. Non lasciamo quei bambini nell’indifferenza, siamo umani e possiamo tutto, basta avere voglia e coraggio.

Tatiana

Come una rana d’inverno.

Qualche settimane fa ho letto il libro “Come una rana d’inverno“. Un libro che racconta attraverso tre testimonianze cosa è stata la Shoah per il popolo ebreo e soprattutto cosa è stata la Shoah per le donne! Perché siamo abituati quasi a pensare in un solo senso e direzione quando parliamo delle persone deportate, si fa un pensiero unico, quando si leggono libri o testimonianze siamo abituati a nomi maschili, ma si deve sapere e riconoscere che le donne hanno subito qualcosa in più. Le donne che sono portatrici della vita e della cultura materna, una volta arrivate nei campi di sterminio diventavano il nulla. In questo libro tre donne sopravvissute ad Auschwitz raccontano cosa è stato per loro ricevere quel numero sul braccio e in automatico perdere la propria identità. Le tre donne protagoniste di questo importante libro sono: Liliana Segre, Gotti Bauer e Giuliana Tedeschi.

Nei lagher nessuno era più padrono del proprio corpo, immaginate che orrore e disumanitá si poteva provare. Alle donne venivano rasati i capelli, le donne perdevano le mestruazioni e dovevano marciare nude davanti ai soldati delle SS, la nudità era una costante che veniva vissuta dalle donne come una grande persecuzione morale. Le donne incite arrivate nel campo di sterminio venivano eliminate subito e sulle prigioniere donne venivano eseguiti esperimenti su tutto il corpo sopratutto nelle parti genitali. Dovevano subire le umiliazioni e dimenticarsi chi erano fino a quel momento.

Nel libro viene spiegato molto bene come le condizioni di vita nei lagher era fatto per disumanizzare le persone!

Ecco alcuni passaggi del libro:

Goti Bauer racconta: “Il desiderio di umiliarci e di degradarci era primario... La visione continua di quella fiamma e quell’odore tremendo ti impedivano assolutamente di pensare ad altro…”

Liliana Segre racconta:”Non mi guardavano come una donna, ma come un capo di bestiame di cui andassero esaminati i quadri… Il digiuno era così violento che nel giro di pochiossimo tempo là dove c’era il seno non restava più niente o, in certe donne, solo un po’ di pelle cascante… Hai la testa rasata, non hai uno specchio, non hai nulla. Eri una persona che non aveva più nulla! Non hai un fazzoletto, non hai un libro, non hai una fotografia… Le donne prigioniere sfilavano per essere lasciate in vita o per essere messe a morte, sempre nude tra i soldati in divisa…”

Giuliana Tedeschi racconta: “Le donne non hanno cominciato a testimoniare in pubblico da subito, ci hanno messo del tempo, forse perchè per noi era troppo doloroso. Per le donne è stato tutto uno strappo continuo, un attacco alla nostra stessa identità femminile… Nel lagher non si rideva, quelle rare volte che capitava era un dono prezioso, un miracolo, forse la cosa più profondamente umana…”

Nella sua testimonianza Liliana Segre racconta di come lei e suo papà sono stati catturati e messi sui vagoni dalla Stazione Centrale di Milano verso Auschwitz. Liliana anche oggi si chiede di come è stato possibile tutta quella indifferenza da parte di tutti quelli che lavoravano alla stazione che sicuramente erano a conoscenza di cosa accadeva di notte e di chi veniva caricati sui vagoni e dove portava il binario 21. Liliana racconta: “I treni della deportazione avevano la precedenza assoluta, e sono partiti per quasi due anni in continuazione, senza che nessuno scambista si sia opposto. Pensi quante stazioni da cui sono passati i treni dei deportati, come la Stazione centrale di Milano… Le ferrovie sono state una pedina importantissima dello sterminio…”

Le Ferrovie dello Stato come le ferrovie europee erano colpevoli quanto i nazisti in questo malvagio piano, perchè hanno lasciato a “disposizione” dei nazisti le linee ferroviare per compiere le deportazioni.

Appena avevo finito di leggere il libro sentivo che dovevo andare a Milano al Museo della Shoah che si trova proprio alla Stazione Centrale di Milano. Proprio sui binari da dove partivano i vagoni con le persone verso i campi di sterminio. Come Liliana e suo papà, dal 1943 al 1944 da quei binari sono partiti 774 deportati ebrei e ne sono sopravvissuti solo 27 di loro. All’ingresso del Museo c’è un muro con sopra la parola “Indifferenza” e il perchè di questa parola chiave lo troviamo nelle parole di Liliana Segre: “L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perchè quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. Indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori.”

Mettere piede e toccare con le punta delle dita quei vagoni è stato straziante. Ascoltare il raccono della guida del museo è stato molto utile. Se avete la possibilità visitate il museo, i nodi in gola saranno tanti ma per rispetto e per la memoria di tutte quelle persone innocenti tutti devono sapere, condannare e conoscere la storia!

L’interno di un vagone. Museo della Shoah di Milano.

Mentre ero lì mi erano venute in mente le parole di Goti Bauer che avevo letto nel libro: “Noi siamo usciti da Auschwitz, ma Auschwitz non è uscita di noi. È stata un’esperienza troppo traumatica…tutto quello che è successo lì dentro, tutti quei bambini a cui non si è potuto portare soccorso, tutti quei vagoni che arrivavano, quei convogli infiniti che scaricavano centinaia e centinaia di persone al giorno che andavano a gas… È indimenticabile.”

“Considerate se questa è una donna/ Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno.” (Primo Levi)

Tatiana

Una fotografia… un luogo

Mi piace questa fotografia, non so spiegare il perchè… forse per il posto. Nel mio paese dove sono nata c’è il monastero di San Nicola (Sfintul Nicolae). Sono anni che stanno costruendo la chiesa (solo grazie alle offerte).

Il monastero si trova fuori paese, un po’ lontano, perso nei campi e colline. Mi piaceva quell’estate prendere la macchina e girare per i campi. Quando giro per quelle stradine non troppo larghe, piene di polvere devo sempre avere i vetri della macchina su, se no la polvere invade tutto e mi trovo con una nuvola di nebbia davanti agli occhi e l’interno della macchina coperto di un strato grigio di polvere antipatica. Sapete quale è il suono dei campi in estate? Nessun suono, ti senti un minuscolo punto in tutta quella terra fertile, in lontanaza vedi dei trattori che lavorano la terra e senti il loro eco. Ogni tanto senti la potenza del vento che muove gli alberi, il grano, i vigneti, i girasoli. Se guardi attentamente sembra che la natura si muove come delle onde del mare, ogni tanto qualche nuvola fa delle chiazze più scure per terra e si crea un gioco bizzaro tra il vento che riconcorre quell’ ombra.

Amavo fare la strada che portava al monastero, ogni tanto ci andavo per accendere una candela. Appena scendevo dalla macchina mi sentivo molto bene, come se la terra su cui avevo messo i miei piedi mi accarezzasse. All’ingresso ci sono dei cani, al guinzaglio, che ti abbaiano per metterti in guardia, ma fanno solo il loro dovere di proteggere il luogo.

Sembrava che anche l’aria era diversa, si respirava tranquillità. Ho incontrato qualche monaca, mi guardavano e mi sorridevano con gli occhi facendomi un cenno leggero con la testa come per dire: ” Benvenuta cara!”. Ho visto un crocefisso grande e dei fiori che facevano una corona per terra in torno a lui; pian piano che esploravo il luogo sentivo un profumo forte di latte, formaggio… ah già le monache hanno la loro piccola fattoria.

Ed ecco che mi sono trovata davanti una chiesa che è ancora un cantiere. Ho visto un ragazzo che portava dell’acqua fresca dal pozzo con due secchi. Dove avrà portato quell’acqua?

Mi piaceva quella scena, ho fatto delle fotografie, ho acceso qualche candela. Altre volte quell’estate sono tornata lì, mi sentivo accolta, la preghiera mi avvolgeva sempre e mi sentivo in pace.

Ci sono luoghi che ti entrano nel cuore, così ? Così semplicemente…

E tu amico lettore del mio blog, hai avuto mai la sensazione che un luogo ti appartenesse, dove ti sei sentito in pace con il mondo, dove la terrà l’hai sentita tua?

Alla prossima, Tatiana.