“Zuleika apre gli occhi” …

Avete mai letto un libro che vi ha fatto sentire parte della storia?

Oggi vorrei parlarvi di un libro straordinario, “Zuleika apre gli occhi” di Guzel’ Jachina. Un romanzo intenso, potente, pieno di dolore che lascia il lettore senza fiato. Un romanzo che racconta i fatti, l’orrore e tradizioni, una storia inventata ma inserita in un periodo storico veramente esistito.

La storia si svolge negli anni ’30, nel Tatarstan dove vive Zuleika, donna laboriosa che teme il marito. Subirà violenze e maltratamenti da parte di suo marito e per ogni sua violenza lei troverà una giustificazione perchè la fede e le tradizioni lo imponevano. Perchè crede in Allah e lo teme, perchè è stato lui a portarle via 4 figlie piccole.

Eranno gli anni dell’occupazione sovietica nel Tatarstan, tutti i terreni di proprietà venivano confiscati per essere trasformati in “kolhoz” (proprietà agricole collettive sovietiche); chi non voleva cedere i propri terreni e tutto quello che possedeva veniva ucciso, o deportato nella lontana e fredda Siberia, perchè i proprietari di terreni e di bestiami venivano considerati nemici della rivoluzione sovietica: i cosiddetti “kulak”.

Nel freddo febbraio del 1930 toccò anche al marito di Zuleika cedere tutti i propri averi. Lui si oppose e venne ucciso e a Zuleika toccò una sorte ancora più tragica e crudele: la deportazione in Siberia. Da questo punto in poi il lettore viene messo di fronte al calvario che subivano i deportati, l’autrice descrive nei minimi dettagli il lungo e orribile viaggio verso l’inferno. Nelle pagine di questo libro viene descritto per bene il fanatismo di questo regime, un fanatismo malato e ossessivo:

“…Dove venivano deportati i kulak? Dove il partito comanda!”

“…Si amano le grandi cause: la rivoluzione, il partito, il proprio Paese e non una donna…”.

“… Metteremo a faticare chi ha sfruttato il lavoro proletario e gli insegneremo come si vive da sovietici…”.

Il Tatarstan si colorava sempre di più del colore rosso come la bandiera sovietica. Tutti avevano paura, e nessuno veniva risparmiato.

Il viaggio di Zuleica verso la Siberia insieme agli altri deportati durò 6 mesi con il treno, durante i quali molti di essi morirono, quasi 398 persone.

Proprio in quel vagone malandato Zuleika farà nuove amicizie e scoprirà una luce dentro di sè che le darà speranza, ma anche timore.

Proprio a partire da questo viaggio entrerà in scena un altro personaggio principale con un’anima turbolenta: il comandante Ignatov.

Troveremo questi due personaggi, Zuleika e Ignatov, per tutto il romanzo a combattere non solo la lotta per la sopravvivenza nella taiga Siberiana ma anche a combattere le loro lotte interne, i peccati interni da scontare, demoni interni che mangeranno piano piano le loro anime. Due personaggi diversi ma molto simili, attratti uno verso l’altro da una calamita invisibile che non raggiungeranno mai nè la pace interna, nè quella esteriore. E’ proprio questo il punto di forza del romanzo, è proprio questo che il lettore vorrà capire, ma non ci riuscirà.

Nel libro vengono descritti in modo eccezionale i luoghi della Siberia. Non sono mai stata in Siberia, ma ho sentito anche io il freddo siberiano addossso mentre leggevo, ho sentito la fame e la disperazione dei deportati. Ho assistito, leggendo, all’orrore della vita dei deportati in Siberia, quel posto ai confini del mondo. Dal nulla nella taiga Siberiana hanno costruito un villaggio e non avevano diritto a possedere nulla, nemmeno la propria anima. La propaganda sovietica esisteva anche lì, venivano spiati perchè nessuno doveva parlare male del governo sovietico.

Ho letto in un fiato questo romanzo, che alla fine è una storia nella storia, quasi una testimonianza di un orrore realmente esistito.

Posso dire che questo romanzo è un racconto di una vita tragica, ma con piccoli raggi di sole che raggiungono anche la lontana e fredda taiga Siberiana.

Buona Lettura, Tatiana.

Una donna e un regime…

Amo i libri di storia. Si trova sempre la verità in essi. Nei libri di storia si può trovare, per chi vuole, una cura per il presente, errori da non commetere e momerie/testimonianze da non dimenticare.

Il periodo che amo di più leggere, studiare è la storia contemporanea, cerco sempre di fare delle mie piccole ricerche e di giungere a delle le mie conclusioni.

Sono nata in un periodo non facile per il mio paese, ho vissuto i ultimi anni dell’U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche)… un regime odioso, falso, criminale. Nella storia contemporanea il regime più studiato e condannato è il regime nazista, ma dovete sapere e si deve sapere che accanto a questo ne esisteva uno uguale e altrettanto pericoloso: il regime sovietico! Basato su delle ideologie malate e false, si voleva creare un ideale sovietico supremo: chi non sosteneva queste ideologie era considerato una minacia per il regime stalinista e veniva eliminato.

Forse non tutti sanno che anche il regime sovietico ha delle macchie vergognose e mostruose da far uscire alla luce del sole. Forse non tutti sanno che anche il regime sovietivo aveva messo in pratica piani di deportazioni in massa, tutto organizzato a livello di stato, tutto organizzato da Mosca. In Moldova (allora R.S.S.M. Repubblica Socialista Sovietica Moldava) le prime deportazioni sono state fatte a partire dai primi anni ’30 nella lontana Siberia, famiglie distrutte, un intero popolo massacrato. Lavaggi del cervello e storia del mio paese cancellata.

Il libro “Quanto vale un uomo” di Evfrosinija Kersnovskaja, moldava di origini polacche, è la testimonianza di una vita onesta distrutta da un regime a cui la parola “onesta” non andava bene. Il libro è un diario, delle memorie scritte da Evfrosinija quando è tornata dopo tantissimi anni dal Gulag staliniano in Siberia, dove è stata deportata perchè ritenuta un pericolo, un nemico per l’ideologia sovietica e quindi per il partito sovietico. Il motivo? Tutti coloro che avevano della terra di proprietà e la coltivavano con molto rispetto e onore venivano considerati dei ribelli e dei “chiaburi” (aristocratici, ricchi); nessuno poteva avere la propria terra. Le terre, i fiumi, i laghi, ogni albero e filo d’erba era del regime sovietico. Tutto apparteneva al regime nei cosidetti “Kolhoz” (proprietà agricole colletive, quindi del regime sovietico).

In queste pagine troviamo racconti e memorie di una donna forte nonostante il destino crudele: quel viaggio infinito nel treno del bestiame verso una meta sconosciuta, nonostante le umiliazioni, il dolore fisico, la fame, poi il lavoro durissimo nelle foreste, nelle miniere, lei, Evfrosinija ha saputo affrontare tutto con dignità. All’inizio è stata deportata nella regione di Novosibirsk poi nel lager di Noril’sk, situato oltre il Circolo Polare Artico. E’ stata sempre una grande lavoratrice, ed è proprio questo che l’ha salvata e le ha fatto rinconquistatre la libertà. Dopo 12 anni di lagher, di duro lavoro, umiliazioni, ingiustizie riuscì a riconquistare la sua libertà!

Questo libro è un’importante fonte storica, una testimonianza che tutti dovrebbero leggere e conoscere! Nei primi capitoli si trova una descrizione precisa della sua vita da contadina e dell’instauramento del regime sovietico, con tutte le sue bugie e ingiustizie.

Ho voluto dedicare questo mio articolo in questo giorno, 8 marzo, a lei: Evfrosinija, una donna forte che ha vinto contro un regime; si, perchè lei nel suo piccolo ha vinto! Ha resistito, è tornata, ha scritto, ha raccontato, ha testimoniato ed ha vinto!

Questo libro è stato tradotto in 25 lingue ed è stato dichiarato un monumento della cultura europea.

Quanto vale un uomo, una donna? …

Tatiana

Benvenuti nel salotto della Confettura di Parole

Immagino un salotto dell’ottocento – uno di quelli che leggo spesso nei libri; con il camino acceso, una grande biblioteca alle mie spalle, un divano e delle poltrone di un tessuto pregiato ma consumato, un tappetto enorme ai miei piedi e su un tavolino di legno massiccio, una teiera lavorata con linee d’oro e le sue tazzine con dentro del thè inglese…

La confettura di parole, mi piace questo gioco di parole. Ognuno di noi nella sua dispensa dei pensieri ha queste confetture piene con qualcosa di detto o mai detto. Ci sono confetture che amiamo mettere sopra l’impasto per cucinare una buona crostata profumata in dono alle persone a cui teniamo di più; la famiglia, amici. La confettura che apriremo sarà piena di parole dolci, parole d’amore, carezze, di parole di conforto, risate, complicità.

Poi ci sono le confetture piene di passione, quelle che parlano di vita, o quelle utilizzate mentre eravamo arrabbiati. Le confetture piene di parole di fede o di pregiudizi, le confetture di saggezza, tristezza, dolore, ricordi o con dentro solo parole di felicità e allegria, ma anche poesie, passaggi letti nei libri, o una canzone che ci accompagna sempre!

Man mano che cresciamo facciamo scorta di queste confetture, facciamo tesoro da quello che impariamo lungo le strade della vita… penso spesso alle parole che uso, cerco sempre di stare attenta a come le utilizzo, perchè so che solo con una parola posso ferire qualcuno. Una volta avevo letto una frase di Alda Merini :” Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire”. Da allora è anche il mio slogan quotidiano. Ma quante volte ho sbagliato, ho buttato le parole per aria in preda a una ira o delusione, fa parte della vita. Nella mia dispensa ci sono oggi anche queste confetture di cui non ne vado fiera e non le aprirò mai.

Ma poi quanto è bello quando riceviamo un biglietto, una lettera, un messaggio con dentro parole che ci scaldano il cuore… bhe anche quella sarà una confettura da assaporare con cura.

Benvenuti a voi amici lettori del mio blog, qui sicuramente utilizzeremo tante parole, pensieri senza nessun pregiudizio.

Alla prossima tazza di thè insieme!

Tatiana