I miei stupidi intenti.

I miei stupidi intenti

Era un po’ di tempo che cercavo una lettura che desse o mi aiutasse a dare un ragionamento logico agli avvenimenti umani. Le letture quelle leggere che fanno sorridere o viaggiare con la fantasia fanno bene, restituiscono tanta leggerezza però arriva un momento in qui si cerca qualcosa di importante. Si cerca tra i scaffali della biblioteca pagine con un certo peso, che facciano riflettere.

“I miei stupidi intenti” è davvero una boccata di ossigeno puro. Quello che all’inizio sembra una storia come tutte altre si trasformerà pagina dopo pagina in una ricerca del senso della vita. Pagina dopo pagina il lettore si affiancherà al personaggio principale alla ricerca di una spiegazione: chi è Dio? Fa paura la morte? È importante l’amore? Come possiamo lasciare una traccia, una eredità di noi stessi a questo mondo?

L’autore è stato geniale, ha creato una storia dove i personaggi sono tutti animali. Animali che dopotutto nella loro ingenuità e lotta per la sopravvivenza cercano “Un” qualcosa. Alla fine anche noi umani siamo animali addomesticati che non ci fermiamo mai, cerchiamo “Un” qualcosa che spieghi la nostra esistenza.

Il libro narra la vita di Archy che è una faina. Archy dai primi istanti della sua esistenza lotterà per sopravvivere – il mondo animale è così. Poi rimarrà zoppo e questo farà si che la sua famiglia si sbarazzassi presto di lui perché diventava un peso da mantenere. La mamma di Archy lo venderà al usuraio della foresta; volpe avara di nome Solomon, per una gallina e mezza.

La dura convivenza con la volpe fece capire a Archy che il mondo non è solo quello che riesce a vedere con gli occhi. Presto Solomon li farà scoprire che il mondo ha un Padre e che l’uomo crede in quel Padre chiamato Dio. La vecchia volpe conosceva le parole degli umani, sapeva leggere e scrivere. E custodiva con grade gelosia un tesoro: un libro dove era scritta la parola di Dio. Salomon insegnò poco a poco anche a Archy il valore del duro lavoro e poi la parola di Dio e spiegò al suo alunno che l’amore unico sta nel Padre del mondo e la morte e la solitudine fa parte del percorso.

Questo libro è una favola dal carattere spietato. Una parabola che cerca il senso della vita, della morte, dell’amore legato alla parola. Archy non è che tutti noi, con i nostri destini che cerchiamo di capire cosa può salvare il mondo. Il parallelismo creato dall’autore in questo libro è geniale; così come gli animali per sopravvivere si mangiano a vicenda, anche noi umani per dare ragione ai nostri folli desideri e avarizie iniziamo guerre e distruzioni. Un animale malato, zoppo o malconcio è destinato a essere messo da parte, mangiato o ucciso così anche un essere umano debole, con disabilità o diverso nei suoi modi di vedere il mondo viene deriso, messo da parte o addirittura emarginato.

L’uomo ha sempre cercato la sua salvezza, il suo conforto in un Dio, un Dio che promette il Paradiso dopo la morte. In questo romanzo la narrazione si fa ancora più intensa quando Archy si chiede se esiste una salvezza, un Paradiso anche per gli animali. Si chiede se l’amore, i sentimenti possono dare conforto e se la morte fa sentire soli, la paura della morte è la chiave principale di questo libro. Archy fino alla fine dei suoi giorni sarà alla ricerca della verità, del senso della sua esistenza come animale, come anche l’uomo che non si ferma mai; legge, scrive, fa ricerche, si innamora e si batte per scoprire il senso di tutto quello che lo circonda.

Vi consiglio la lettura di questo libro che a tratti sembra quasi ad avere tracce filosofiche ma con un linguaggio trascinante ma semplice che arriva dritto al cuore del lettore.

Dal libro: “Dio porterà la mia anima chissà dove, disperderà il mio corpo nella terra, ma i miei pensieri rimarranno qui, senza età, salvi dai giorni e dalle notti. Questo basta a darmi la pace, come il Paradiso per Solomon. Forse, come aveva scritto lui, davvero sono un uomo anch’io, e sarò salvato. Forse Dio mi ha reso un animale per mettermi alla prova.

Tatiana

Amare i libri non è per tutti.

Mentre ero al mare cercando di rilassarmi sotto l’ombrellone con un libro di Danielle Steel e i miei figli facevano finta di giocare insieme, ma in realtà si buttavano la sabbia addosso come se fossero al Carnevale con i coriandoli, pensavo che da un po’ qui sul blog non parlo dei libri.

In realtà non saprei descrivere bene la mia grande attrazione e rispetto verso i libri. Forse l’ho già detto e scritto in qualche mio articolo che ho un’ammirazione immensa verso le persone che hanno scritto un libro. Quel dono formidabile, quella benedizione divina che ti fa dare vita alle tue fantasie, ai tuoi pensieri, ai tuoi desideri. Tante volte mi capita di fermarmi durante la lettura e pensare “wow, come vorrei saper esprimermi così” o “cavolo, quanto ho ancora da imparare!”. Non capita anche a voi, davanti a un libro, di sentirvi coinvolti nella vita dei personaggi fino al punto di non voler lasciare il libro, di volerlo finire subito?

Ci sono delle letture che anche dopo anni sono rimaste nel mio cuore, soprattutto i personaggi. Ci sono ambientazioni che mi affascinano e mi colpiscono fino alle lacrime. Poi ci sono storie di vita, amori, drammi che lasciano il segno. Ci sono pensieri, frasi e dialoghi che racchiudono letteralmente dei mondi.

Mi sono sempre piaciuti di più i libri rispetto ai film. Leggendo mi creo un mio mondo, le parole mi trasportano in un’immaginazione infinita che nei film si perde, perché magari trovi un attore che detesti o un’ambientazione inadatta. Ogni tanto rifugiarsi in una lettura è meglio di qualsiasi realtà fisica.

Nei giorni scorsi è stato assegnato il “Premio Strega”, un prestigioso evento letterario che premia gli autori italiani. Quest’anno ha vinto il libro “Come D’aria” di Ada D’Adamo. Per assegnare questo premio c’è una giuria che dopo aver letto i libri in gara e dopo varie valutazioni proclama il vincitore. Alla serata di premiazione era presente il nostro ministro della cultura G. Sangiuliano, che faceva parte della giuria. Nel suo intervento, dopo aver detto delle frasi fatte e scontate, dice che leggerà i libri che hanno gareggiato… Aiutooooo, ma non avrebbe dovuto leggerli prima, visto che faceva parte della giuria o ha votato in base alla copertina più bella?! La faccia di Geppi Cucciari, che lo stava intervistando, dopo aver sentito le parole del ministro era davvero sconvolgente, come anche la mia dopo aver visto il video che si trova tranquillamente su internet. Anzi io avevo anche detto “che figura di m…” e non escludo che anche Geppi l’avesse pensata così.

Vi ho raccontato di questo episodio per farvi capire che amare i libri non è per tutti. I libri non si scelgono in base all’appartenenza o al ruolo che sia ha. L’attrazione per la lettura viene da dentro, da dove inizia l’anima. Non condanno chi non ama leggere, ognuno nella sua vita sceglie le sue strade, ognuno da priorità e importanza a quello che ritiene giusto per se, e questo è da rispettare assolutamente! Però se si fa parte di una giuria per assegnare un premio letterario, il fatto di leggere i libri in gara direi che è fondamentale, la pigrizia, sei o non sei un ministro, la devi sconfiggere!

Mi piace concludere questo mio articolo con la frase di T. D’Auria “Ho conosciuto il nulla nelle grandi cose, ma ho trovato l’immenso nelle piccole cose.”

Vi lascio alcuni titoli delle mie ultime letture. Sul mio profilo instagram trovate tutti i libri che leggo con le respettive recensioni e pareri personali.

“La casa dei bambini dimenticati” di Owen Matthews.

“Un giorno d’estate” di Shari Low.

“Sangue freddo” di Robert Bryndza.

“Fino alla fine dei giorni” di Danielle Steel.

“Il gioco della vita” di Danielle Steel.

Tatiana

La monarchia non è più un segreto.

Cari lettori non potevo non parlare sul mio blog del libro più discusso delle ultime settimane. Non potevo passare davanti alla libreria facendo finta che non mi interessa e non mi incuriosisce. Dai, siamo sinceri. Da sempre l’argomento monarchia, ricchi e l’irraggiungibile ci hanno incuriosito tanto. Basta vedere una foto su un giornale o da qualche parte sul web che la curiosità ci trascina a comperare quel giornale o a cliccare sul articolo online per farci un po’ gli affari dei reali. In effetti da sempre siamo incuriositi dai monarchi, basta vedere quanti libri e film ci sono su questo argomento ma oggi vista l’epoca dei social abbiamo tutti ogni notizia in tempo reale a portata di mano. Sarà un bene?

Dunque sono entrata in libreria e sono riuscita ad acquistare l’ultima copia del libro della settimana scorsa, fortunata.

Sono stata sempre nel mio piccolo dalla parte di Harry. Forse il dramma della perdita della madre a soli 12 anni mi ha fatto sempre provare quella tenerezza in più per lui. Ma anche quando combinava qualcosa e finiva sempre sui giornali o quando ha sposato Meghan e tutti i giornali il giorno dopo gli davano per divorziati mi sono chiesta: ma davvero no ne combina una giusta questo principe o quello che si scrive su di lui è solo business da parte dei giornali per vendere più copie?!

Ho letto ogni pagina con molta curiosità e attenzione. Non ho mai trovato in tutto il libro nessuna parola offensiva verso la sua famiglia. Harry parla sempre con molto affetto e amore di suo papà, fratello, nonna. Anche se il dolore che accompagna ogni ricordo di quello che ha vissuto, il rispetto verso i suoi familiari si percepisce in ogni riga.

Mi ha colpito il fatto che lui fino all’età di 30 anni ha sempre vissuto con la speranza che sua mamma fosse ancora viva. Nella prima parte del libro, si legge di un dolore troppo pesante per un essere umano. Harry viveva con la convinzione che lei fosse viva, che prima o poi sarebbe uscita allo scoperto, che prima o poi si avrebbero riabbracciati ancora.

Dal libro:”Spesso, appena sveglio, dicevo a me stesso:magari questo è il giorno… magari riaprirà stamattina… oggi pomeriggio. Magari, finalmente, oggi uscirà allo scoperto, organizzerà una conferenza stampa e sconvolgerà tutti…”

Ogni istante di quello che ha vissuto nella sua vita, Harry lo collega alla sua mamma e alla morte della sua mamma. L’impotenza di combattere contro la stampa e l’odio verso quei paparazzi che hanno inseguito e ucciso la sua mamma.

Harry per tutta adolescenza ha viaggiato molto. Ha sempre cercato sua mamma – il suo spirito nei posti più lontani: nella calda e meravigliosa Africa, nel lontano Polo Nord, nello freddissimo Polo Sud, in Australia e perfino nei campi di battaglia dell’Afghanistan.

La seconda parte del libro, Harry lo dedica ai suoi momenti trascorsi sul fronte. Nei ultimi giorni alla TV o sui social si è parlato molto di questo libro. Mi sono resa conto quanto ancora una volta sono meschini, superficiali i giornalisti. Se almeno uno di loro avrebbe per davvero letto questo libro non troveremo in tutti gli articoli la stessa cosa “copia incolla”, le stesse critiche.

La battaglia contro i paparazzi si è trasformato per lui in una guerra a vita.

Dal libro:”…ciò che non riusciavo davvero a sopportare era il rumore dello scatto. Quel clic terribile da sopra la mi spalla… i paparazzi erano sempre stati gente grottesca…”

“Per loro la mia esistenza era solo divertimento e giochi, non ero un essere umano, ma un personaggio da cartone animato che si poteva manipolare e prendere in giro tanto per divertirsi… Tutto era giustificato perché ero un membro della famiglia reale e, nella loro testa, reale era significato di non persona…”

Se qualche giornalista avrebbe per davvero letto il libro avrebbe capito che questo non è nient’altro che una denuncia contro i paparazzi, stampa. Forse anche la società ha dettato le regole e le preferenze: leggiamo, ascoltiamo, acquistiamo solo se c’è qualche scandalo! Negli ultimi anni si parla spesso (e meno male) di bullismo. Ma il bullismo che viene proprio da quelli che si ritengono i paladini della scrittura, i giornalisti non viene mai messo in discussione. In generale se ci pensiamo al giorno d’oggi sul web gli articoli spesso sono pieni di errori, bugie, paroloni. E nessuno pensa che effetto crea questa negatività per la società. Ma forse è proprio la società che si aspetta sempre notizie sconvolgenti (di qualsiasi tema tratti) di aver permesso e di aver dato via libera ai paladini della scrittura di non farsi un esame di coscienza. Mi sono accorta che i scandali, le notizie negative sono più lette e cercate invece delle notizie belle e felici.

Niente, mi sono persa un po’ in un pensiero che mi è venuto dopo aver finito di leggere il libro.

In tanti hanno criticato la scelta del principe di scrivere un libro e poi andare proprio dai giornalisti a promuoverlo. Ma se si legge il libro lo si capisce perché di questa scelta. Semplicemente dopo tante battaglie contro i paparazzi e i giornalisti lui ha capito che deve combattere proprio su territorio nemico per far conoscere al mondo intero cosa ha vissuto e sta vivendo tuttora. E credo che ha fatto bene!

Se per caso siete stati influenzati da quei articoli che vi dicevano di non leggere il libro, spero che la mia recensione vi abbia fatto cambiare idea. Questo libro racconta del grande amore che un figlio ha verso sua mamma, del dolore profondo che prova nel perderla. Racconta di un figlio che ama il suo padre incapace di dare un abbraccio e di un fratello maggiore troppo abbagliato dal ruolo dell’erede, racconta che se sei nato con il ruolo di riserva ti tratteranno proprio così sempre. Il libro fa scoprire che sul campo di battaglia si trovano dei veri amici che non dimenticherai mai, che quando si trova il vero amore lotterai per esso senza esitazione. Questo libro insegna che in ogni famiglia esistono dolori, amori e parole mai dette anche se questa famiglia è la più famosa in tutto il mondo.

Stavo pensando, e se qualcun altro della famiglia reale avesse scritto un libro avrebbe suscitato lo stesso interesse? Della loro vita reale perfetta, sorrisi immacolati, bambini ubbidienti, capelli sempre in ordine e mai una parola fuori posto. Bhe scontato e noioso non vi pare?

E soprattutto quando leggiamo un articolo cerchiamo sempre di non dimenticare che quel articolo è scritto per vendere più copie!

Dal libro:”…dicono che le mani di mamma fossero incrociate sul petto e stringessero una foto di Willy e me, forse gli unici due uomini che l’avessero davvero amata… per tutta l’eternità noi le sorrideremo nel buio…” “Dalla scomparsa di mamma, la mia memoria è stata frammentaria per scelta, e non volevo ricostruirla perché ricordare significava dolore… dimenticare era un balsamo.”

Tatiana

Il potere delle parole.

Succede a volte che le parole girano per la mente, nell’anima, per tutto il corpo come se fossero delle api stordite in fuga. Le parole girano, ti danno il tormento, non si vogliono allineare in fila per dare sfogo libero a un pensiero. Di giorno fai tranquillamente le tue cose e all’improviso loro si affacciano alla tua porta chiedendo di essere sentite. Il tormento è talmente forte che per settimane non sono riuscita a scrivere nulla qui sul blog. Mi piace ascoltare le parole, mi piace quando riesco ad usarle, mi piace donarle agli altri e leggerle nei libri. Oggi, direbbe qualcuno, siamo pieni di parole. Una volta, penso ai tempi dei miei nonni, le persone erano di poche parole, quando si diceva qualcosa era detto con talmente tanta verità e senso che quello ti bastava per una vita intera. Oggi invece siamo circondati di parole dette con leggerezza tante volte sui social, in TV, alla radio o nei vari podcast. Si danno per scontato i detti, non si valorizzano più i pensieri e i libri. Cadiamo quasi in banalità se vogliamo usare parole corrette e gentili, ormai per essere ai tempi con la vita moderna scarabocchiamo e insultiamo il nostro linguaggio, trasformiamo le parole e le usiamo solo per ferire, insultare o deridere.

Mi piace leggere le parole, mi piace quando mi accorgo quanto mi arrichisco e quanto mi perdo via pensando, leggendo, annalisando, amando un libro!

Mi piaciono le parole!

Rimango sbalordita e incantata quando trovo libri che mi colpiscono in pieno petto e mi lasciano senza fiatto. Negli ultimi mesi ho avuto la fortuna del lettore, mi sono imbatutta sono in letture sconvolgenti! Sapete qual’é la mia parte preferita quando lego un libro? Quando chiudo il libro dopo che l’ho abbia finito. Mi perdo per giorni a pensare alla trama, sopratutto ai personaggi, all’ambientazione e anche al messaggio che lascia il libro che ho appena finito di leggere. Ci sono dei libri che sconvolgono fino alle lacrime, libri che vorresti che non finiscano più, letture che ti fanno sentire parte di quello che stai leggendo, come se sentissi/annusassi l’aria che stanno respirando i personaggi. E’ incredibile il mondo che si crea dentro di me e abbandonarsi a esso! Quando mi capitano letture del genere mi accorgo quanto invidio gli autori. Ditemi se non è una benedizione avere il dono di creare mondi e storie che ti fanno innamorare, volare, spezzare il cuore ma allo stesso momento donare ossigeno. Ammiro moltissimo gli autori o le autrici che usano le parole per spiegare la vita, per spiegare che la vita è fatta di mille volti. Lo fanno con talmente tanta semplicità e naturalezza che finisci per capire quanto potere hanno le parole usate al modo giusto. Ecco, si, alla fine quando si trovano autori del genere si capisce che si trova un tesoro. Vi lascio qualche nome degli autori che vorrei al meno una volta incotrare e fare una sola domanda: “Come sono riusciti a domare le parole creando opere straordinarie come le loro?”

Tiffany McDaniel, Paolo Cognetti, Valèrie Perrin, Guzel’ Jachina, Marco Balzano.

Ma ce ne sono moltri altri ancora.

Immaginate solo per un momento quanto potere ha ognuno di noi dentro di se. Se solo imparassimo ad usare le parole giuste quanti litiggi, guerre finirebbero. Non avremmo bisogno di nient’altro, ne di scudi, ne di armi solo della nostra bocca, anima e buon senso.

Ecco oggi sono riuscita ad allineare le parole, forse erano mature al punto giusto per far nascere questo articolo. Mi piaciono le parole, alla fine, con la loro semplicità si possono creare tanti mondi.

Vi lascio i nomi di alcuni libri che ho letto. Spero che vi lasciano dentro un mondo profondo e sconvolgente come lo hanno fatto con me.

“Sul lato selvaggio” di Tiffany McDaniel

“L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniel

“La ladra di parole” di Abi Darè

“Chiamami col tuo nome” di Andrè Aciman

“Resto qui” di Marco Balzano

Buona Lettura!

Tatiana

Come una rana d’inverno.

Qualche settimane fa ho letto il libro “Come una rana d’inverno“. Un libro che racconta attraverso tre testimonianze cosa è stata la Shoah per il popolo ebreo e soprattutto cosa è stata la Shoah per le donne! Perché siamo abituati quasi a pensare in un solo senso e direzione quando parliamo delle persone deportate, si fa un pensiero unico, quando si leggono libri o testimonianze siamo abituati a nomi maschili, ma si deve sapere e riconoscere che le donne hanno subito qualcosa in più. Le donne che sono portatrici della vita e della cultura materna, una volta arrivate nei campi di sterminio diventavano il nulla. In questo libro tre donne sopravvissute ad Auschwitz raccontano cosa è stato per loro ricevere quel numero sul braccio e in automatico perdere la propria identità. Le tre donne protagoniste di questo importante libro sono: Liliana Segre, Gotti Bauer e Giuliana Tedeschi.

Nei lagher nessuno era più padrono del proprio corpo, immaginate che orrore e disumanitá si poteva provare. Alle donne venivano rasati i capelli, le donne perdevano le mestruazioni e dovevano marciare nude davanti ai soldati delle SS, la nudità era una costante che veniva vissuta dalle donne come una grande persecuzione morale. Le donne incite arrivate nel campo di sterminio venivano eliminate subito e sulle prigioniere donne venivano eseguiti esperimenti su tutto il corpo sopratutto nelle parti genitali. Dovevano subire le umiliazioni e dimenticarsi chi erano fino a quel momento.

Nel libro viene spiegato molto bene come le condizioni di vita nei lagher era fatto per disumanizzare le persone!

Ecco alcuni passaggi del libro:

Goti Bauer racconta: “Il desiderio di umiliarci e di degradarci era primario... La visione continua di quella fiamma e quell’odore tremendo ti impedivano assolutamente di pensare ad altro…”

Liliana Segre racconta:”Non mi guardavano come una donna, ma come un capo di bestiame di cui andassero esaminati i quadri… Il digiuno era così violento che nel giro di pochiossimo tempo là dove c’era il seno non restava più niente o, in certe donne, solo un po’ di pelle cascante… Hai la testa rasata, non hai uno specchio, non hai nulla. Eri una persona che non aveva più nulla! Non hai un fazzoletto, non hai un libro, non hai una fotografia… Le donne prigioniere sfilavano per essere lasciate in vita o per essere messe a morte, sempre nude tra i soldati in divisa…”

Giuliana Tedeschi racconta: “Le donne non hanno cominciato a testimoniare in pubblico da subito, ci hanno messo del tempo, forse perchè per noi era troppo doloroso. Per le donne è stato tutto uno strappo continuo, un attacco alla nostra stessa identità femminile… Nel lagher non si rideva, quelle rare volte che capitava era un dono prezioso, un miracolo, forse la cosa più profondamente umana…”

Nella sua testimonianza Liliana Segre racconta di come lei e suo papà sono stati catturati e messi sui vagoni dalla Stazione Centrale di Milano verso Auschwitz. Liliana anche oggi si chiede di come è stato possibile tutta quella indifferenza da parte di tutti quelli che lavoravano alla stazione che sicuramente erano a conoscenza di cosa accadeva di notte e di chi veniva caricati sui vagoni e dove portava il binario 21. Liliana racconta: “I treni della deportazione avevano la precedenza assoluta, e sono partiti per quasi due anni in continuazione, senza che nessuno scambista si sia opposto. Pensi quante stazioni da cui sono passati i treni dei deportati, come la Stazione centrale di Milano… Le ferrovie sono state una pedina importantissima dello sterminio…”

Le Ferrovie dello Stato come le ferrovie europee erano colpevoli quanto i nazisti in questo malvagio piano, perchè hanno lasciato a “disposizione” dei nazisti le linee ferroviare per compiere le deportazioni.

Appena avevo finito di leggere il libro sentivo che dovevo andare a Milano al Museo della Shoah che si trova proprio alla Stazione Centrale di Milano. Proprio sui binari da dove partivano i vagoni con le persone verso i campi di sterminio. Come Liliana e suo papà, dal 1943 al 1944 da quei binari sono partiti 774 deportati ebrei e ne sono sopravvissuti solo 27 di loro. All’ingresso del Museo c’è un muro con sopra la parola “Indifferenza” e il perchè di questa parola chiave lo troviamo nelle parole di Liliana Segre: “L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perchè quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. Indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori.”

Mettere piede e toccare con le punta delle dita quei vagoni è stato straziante. Ascoltare il raccono della guida del museo è stato molto utile. Se avete la possibilità visitate il museo, i nodi in gola saranno tanti ma per rispetto e per la memoria di tutte quelle persone innocenti tutti devono sapere, condannare e conoscere la storia!

L’interno di un vagone. Museo della Shoah di Milano.

Mentre ero lì mi erano venute in mente le parole di Goti Bauer che avevo letto nel libro: “Noi siamo usciti da Auschwitz, ma Auschwitz non è uscita di noi. È stata un’esperienza troppo traumatica…tutto quello che è successo lì dentro, tutti quei bambini a cui non si è potuto portare soccorso, tutti quei vagoni che arrivavano, quei convogli infiniti che scaricavano centinaia e centinaia di persone al giorno che andavano a gas… È indimenticabile.”

“Considerate se questa è una donna/ Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno.” (Primo Levi)

Tatiana

La libertà di essere.

La libertà di essere ci viene insegnata da qualcuno? C’è qualcosa alla nascita di qualcuno di noi in cui ci viene tramandata questa grande conquista?

Sono nata negli ultimi anni del comunismo in Moldova. La libertà di essere non veniva insegnata e incoraggiata, anzi, veniva punita. Mi rendo conto ora quanta aria ci ha tolto quella dottrina maledetta, com’è riuscita a far penetrare nel sangue di intere generazioni un modo di pensare sbagliato. Anche se il mio popolo ha sofferto tanto abbiamo avuto sempre dei grandi poeti e cantautori, che attraverso le loro opere hanno sempre dato voce a quella parte dell’anima mai morta del mio popolo. Come Grigore Vieru, Ion Aldea Teodorovici, Eugen Doga, Nicolae Dabija, Ion Druta.

La libertà di essere vive dentro di noi, basta lasciare le ali libere ed i pensieri mai incatenati! Aprire un buon libro, ascoltare musica, osservare un quadro, fotografare un bacio, piangere quando si legge una poesia, pregare, ma anche ascoltare preghiere di una cultura e religione diversa della tua, allontanare i pregiudizi, credere nelle proprie radici; ecco alcuni passi per conquistare la libertà di essere qui, adesso, unici e autentici! Conquistare se stessi è forse la più grande sfida che uno può realizzare nella sua vita. Si possono fare cose grandi, o cose piccole nel quotidiano, ma tutto fatto con la consapevolezza che hai deciso tu, sei tu il vortice, la cima della montagna, è davvero impagabile!

Ho sempre trovato nei libri delle battaglie eccezionali per la libertà di essere! Nel momento in cui apri la porta di un libro ed entri dentro nella narrazione succede qualcosa di straordinario: si impara una storia di una vita. Può essere un libro basato su fatti veramente accaduti, o storie inventate, ma una cosa rimane certa, i libri insegnano La Libertà! Sopratutto quando si leggono libri dove sono le donne a conquisatare la loro fetta di vita libera, di essere loro stesse con le loro battaglie, sbagli, amori, sofferenze.

Penso a Pearlie la protagonista del libro “La storia di un matrimonio”, o alla Violette protagonista del libro “Cambiare acqua ai fiori”. Poi c’è la fortissima Amelia protagonista del libro “Tempi difficili”, o Cyrla protagonista del libro “La culla del mio nemico”. Di Evfrosinija dal libro “Quanto vale un uomo” ho parlato in un altro mio articolo passato, poi anche Helga dal libro “Lasciami andare madre”, penso anche alla Tatiana protagonista del libro “Il cavaliere d’inverno”. In ognuno di questi libri si leggono storie assolutamente diverse, ambientate in tempi storici diversi, ma ognuna di queste protagoniste lotta a suo modo per la libertà di essere, per la libertà di decidere, di amare, di avere libertà di vivere la propria vita.

Forse è per questo motivo che amo così tanto i libri: perchè hanno questa forza di aprire orizzonti mai visti, di aprire quella parte di noi stessi che non conosciamo, di non temere niente, di credere in se stessi!

Poi c’è la categoria dei libri storici, quelli sono davvero da scoprire e leggere. A volte quando leggo certi fatti e avenimenti e la forza, il corraggio, i sacrifici, le morti che sono stati per conquistare la liberta, la giustizia, rimango incredula di come l’umanità non abbia ancora capito ed imparato dal passato gli errori da non commettere mai più.

La libertà di essere semplicemente se stessi, liberi con il pensiero, con gli occhi, con il cuore, liberi di distinguersi da tutti senza essere giudicati e giudicare: è questa la straordinaria meta della nostra vita!

Ho imparato che la cultura in tutte le sue forme è la chiave del pensiero libero.

E voi in cosa avete trovato la vostra libertà di esprimervi, di essere? Perché amate i libri o altre forme della cultura? Potete rispondermi qui o in privato,o su fb o instagram io vi leggo sempre.

Tatiana

Le parole non dette.

Quante saranno nella nostra vita, le parole non dette?! Ti svegli una mattina e ti rendi conto che hai taciuto, hai perso delle occasioni che non torneranno mai indietro.

Sono cresciuta in un periodo che non c’era tempo per delle parole di affetto e amore. La vita sempre in salita, le preoccupazioni erano troppo importanti per fermarsi a dire un “ti voglio bene”, l’affetto in quei tempi si dimostrava con i fatti concreti: da come i genitori si preoccupavano della tua salute, da quante volte al giorno di chiedevano se avevi fame, da come ti preparavano i pacchi con i viveri per spedirli a noi studenti fuori sede. Il “ti voglio bene” di mio papà era da come mi abbracciava davanti alla corriera che mi doveva portare in città per gli studi e mi diceva con la voce che voleva inghiottire i sentimenti troppo evidenti “mi raccomando stai attenta e chiama stasera”!

Fortunatamente i tempi sono cambiati e oggi cantare, recitare, dimostrare i propri sentimenti è qualcosa di naturale ed essenziale nelle nostre giornate.

Cosa sono le parole non dette? Ovviamente sono un peso che ci portiamo dentro, sono lì come dei mattoni messi uno sopra l’altro che formano quasi un muro e questo muro pesa, è troppo alto e lo vorresti abbattere, ma come? Ci sono alcune persone che hanno la vita rovinata a causa di queste parole… sono parole proibite, che fanno fatica a uscire dalla bocca.

In questi mesi ho letto dei libri con storie diverse, ma il filo rosso, che può in qualche modo unire queste storie diversissime, sono proprio la parole non dette, i sentimenti nascosti. Ho amato tanto ognuno di questi libri, ho apprezzato come alcuni autori riescono, in modo semplice ma allo stesso tempo devastante, a mettere davanti al lettore storie che ci insegnano qualcosa.

Ci pensate come sarebbe bello se non si perdesse tempo in orgoglio, rancori, pregiudizi, aspettative e si cercasse di godersi ora e adesso la vita. Urlare, gridare al mondo intero l’amore per la persona cara, chiedere scusa quando si sbaglia e incoraggiare chi ne ha bisogno! Prendere il telefono e chiamare un amico solo per chiedergli “come stai?”, obbiettare quando qualcuno è in torto e imparare che parlare fa sempre bene al cuore.

Vi lascio i titoli dei libri che ho letto in queste settimane:

-“Il suono del mondo a memoria” (fumetto).

-“Le otto montagne”.

-“L’incolore Tazaki Tsukuru e il suoi anni di pellegrinaggio”.

-“I kill Giants” (fumetto).

-“Dove guardano i girasoli”.

Tatiana

La Casa Natale

È lì come una fortezza, in piedi dritta mai una piega o un minimo cedimento.

È lì fiera, solida, calda, ospitale e bella da morire! E non invechia mai!

La mia Casa Natale!

È paziente e non chiede mai. Tutte le volte quando torniamo da lei si fa trovare con la sua veste più bella : l’amore! I cancelli si aprono e in un secondo appena mettiamo i piedi nel suo giardino ci sentiamo al sicuro, come se non ci fossimo mai andata da lì. Lei non chiede mai, ci abbraccia e ci fa sentire di nuovo bambini che le correvamo intorno anni fa. Chissà come si sentirà sola quando non ci siamo, chissà come riesce a colmare il vuoto che lasciamo dopo di noi, chissà quante lacrime avrà dovuto asciugare dagli occhi dei nostri genitori…

Amo sentire il vento quando soffia e fa smuovere tutti i alberi che la circondano, tutto si muove, l’aria cambia, i profumi si mescolano e lei è lì ferma sicura, sorridente e forte pronta ad aprire le sue porte per tenerci al sicuro.

Amo sentirla di notte, perché le notti sono buie da noi. Il cielo si riempie di puntini luminosi: le stelle e intorno non si vede assolutamente nulla. Il silenzio avvolge assolutamente ogni parte e l’unica cosa che rompe questo mistero è il abbaiare dei cani.

Amo annusarla quando si riempie dei mille profumi deliziosi.

Amo fotografarla sempre, non mi stancherei mai.

Amo godermela quando torno, ogni angolo, ogni finestra, ogni punto…

Amo curarla e rispettarla…

Amo i ricordi che mi legano a lei che ci ha visto crescere e prendere il volo.

Amo pensarla quando ascolto qualcosa di Abel Korzeniowski.

La Casa Natale… forse è il mio rimedio a tutto!

Tatiana

Bambini senza radici.

Eccomi cari lettori, oggi vi parlo di un libro davvero forte, straziante, un libro alla ricerca della verità. Potrei dire un thriller! E’ una storia vera, un’autobiografia, un’ inchiesta personale nella storia straziante della seconda guerra mondiale, per cercare se stessi. Ingrid scrive questo libro per testimoniare al mondo intero l’inferno che ha vissuto per colpa dei nazisti.

Ingrid, bambina tedesca stava vivendo una vita apparentemente serena , ma crescendo capiva che era come una apolide, nel puzzle della vita che stava vivendo mancava qualcosa.

Nel 1935 nella Germania nazista nasceva un progetto che avrebbe per sempre cambiato la vita di milliaia di bambini: il Progetto Lebensborn. Questo progetto è stato messo in atto da Himmler, braccio destro di Hitler. Il progetto aveva come scopo la creazione di “case per le donne incinte” che dovevano dare alla luce bambini ariani puri. I bambini dovevano essere concepiti da donne tedesche, olandesi, belghe, norvegesi ma solo con gli uomini della SS, perchè Himmler era convinto che il sangue ariano puro si trovava solo nelle vene degli uomini della SS. Questo progetto aveva come scopo finale incrementare le nascite in Germania ed eliminare le razze inferiori. Ma il lato più oscuro di questo progetto per tanti anni è stato quasi tenuto nascosto… Siccome le aspettative non si avveravano, Himmler decise di espandere il progetto e aveva ordinato che i bambini dei paesi occupati dai nazisti (parliamo sempre della seconda guerra mondiale) che passavano i test ariani (esistevano degli esperti di razza che avevano come compito di fare degli esami e test ai bambini rapiti dai paesi occupati,si analizzava il colore dei capelli, il colore degli occhi, si misurava la lunghezza del naso, e si indagava se i genitori non fossero di origini ebree) venissero sosttratti ai loro genitori in modo ingannevole e portati in Germania nelle case che facevano parte del Progetto Lebensborn. Per i bambini rapiti, una volta arrivati in queste case, iniziò il proceso di Germanizazzione.

Dal documento Caso 8 dei cosiddetti “processi secondari di Norimberga”: “Fu pianificato un rapimento su larga scala dei bambini “razzialmente pregiati” in Paesi stranieri. Questo piano aveva il duplice scopo di indebolire le nazioni nemiche e incrementare la popolazione della Germania... Durante le guerra numerosi bambini cechi, polacchi, jugoslavi, e norvegesi furono sottratti ai loro genitori e classificati in base al loro “valore razziale”.

Diventavano bambini tedeschi, con documenti falsi, e dopo alcuni mesi di germanizazzione venivano dati in affidamento a famiglie tedesche.

Ingrid era una di questi bambini rapiti. Verrà a conoscenza di questa cosa mostruosa in età adulta, e il mondo le crollerà addosso.

In questa sua autobiografia Ingrid percorre tutta la storia della Germania nazista, le conseguenze della seconda guerra mondiale, la divisone della Germania in Germania dell’Ovest e dell’Est, la caduta del muro di Berlino. Ingrid racconta un viaggio travagliato che è durato più di 10 anni alla scoperta della sua vera identità! Un libro che è davvero una fonte storica preziosa, una testimonianza! Grazie alle sue ricerche oggi si sa ancora di più sul processo segreto di Germanizazzione, grazie alle sue ricerche è riuscita a mettersi in contato con dei altri adulti una volta bambini di Lebensborn, tutti con la stessa sorte: cercare le proprie radici e convivere con la macchia e l’impronta vergognosa di Lebensborn.

Nel leggerlo sono rimasta sconvolta e scioccata dai fatti e dall’omertà che si viveva negli anni dopo la guerra in Germania per quando riguarda i crimini e i progetti mostruosi che furono messi in atto dai nazisti. Durante la lettura anche io mi sono chiesta come si può vivere con il peso di essere stato un pezzo di un progetto folle. Come si può vivere non sapendo da dove iniziano le proprie radici, quale è la propria terra?

Vi consiglio la lettura di questo libro, non vi svelo cosa ha scoperto Ingrid e da quale paese è stata rapita. Soffrirete insieme a lei passo per passo nella ricostruzione delle sue radici e della sua infanzia.

Dal libro: “L’identità è molto di più che la semplice risposta alla domanda “chi sono?”. Riguarda anche la personalità. Stavo sforzandomi di capire com’ero diventata quella che ero. Ero semplicemente il risultato dei miei primi anni di vita in una casa Lebensborn? …In altre parole, il corso della mia vita era stato programmato da Himmler? Dopotutto, il suo obiettivo era questo: noi, figli del Lebensborn, dovevamo realizzare la sua visione di una nuova e omogenea generazzione della razza padrona tedesca”.

Tatiana

Il gulag, visto al di qua del filo spinato.

Cosa era il gulag per quelli che erano al di qua del filo spinato, per i militari sovietici? Nella storia siamo abituati ad avere le preziose testimonianze dalle persone, dalle vittime che hanno subito la deportazione, la sofferenza e l’ingiustizia, ma sono davvero pocchissime i documenti e le testimonianze da parte di quelli che hanno avuto il ruolo di sorvegliante della tirannia. Quando ho scoperto questo libro non mi veniva da credere, capivo che avevo tra le mani un tesoro, una fonte storica importante come quando all’università maneggiavo dei libri preziosi, per un attimo ho avuto la sensazione di essere una studentessa pronta a scoprire qualcosa di nuovo.

“Dove sono capitato?” , ” Hanno tutti lo stesso sguardo sospettoso e sfuggente…Tristezza e noia. Siberia, Siberia”. Così inizia il diario di un comandante russo, Ivan.

“Diario di un guardiano del gulag” è una testimonianza eccezionale, un documento storico. E’ il diario, tenuto in segreto, di un comandante russo che aveva il compito di sorvegliare i detenuti del gulag siberiano. Ivan Cistjakov è stato traferito nell’Ottobre del 1935 da Mosca nella regione di Svobodnyj, situata in Siberia, dove si stava costruendo il secondo binario della ferovia Bajkal-Amur (la famosa transiberiana). A lui è stato affidato il comando di un plotone. Il progetto è stato chiamato BAM – un progetto di importanza militare con l’impiego di lavoro forzato. “Intorno c’è taiga… quante tragedie umane, quante vite perdute in questa parola. Si rabbrividisce solo a sentirla: taiga. La strada della Siberia, le deportazioni, le prigionie…”. Ivan, giovane comandante, istruito e con tante speranze nella vita, una volta arrivato nella fredda Siberia trova un degrado e una disperazione inimmaginabile. “Nessuno pensa che siamo esseri umani, ci conoscono solo come comandanti di plotone, tutto qui. All’occasione si ricordano che rappresentiamo il potere sovietico… Davvero la nostra vita è questo bordello? …Perduti nella taiga noi viviamo, noi costruiamo, noi proviamo emozioni, ci occupiamo di geometria…” Ivan comincia a tenere un diario dove annoterà tutto il suo dolore, tutte le sue domande sulla vita e sulla veridicità del potere staliniano.

Per Ivan il diario diventa subito tutta la sua vita e la sua salvezza. Ci sono passaggi del diario dove scrive tutta la sua sofferenza nel trovarsi lì, fuori dalla civiltà, prova pena per i detenuti (zek) e per se stesso. Aveva la responsabilità di sorvegliare gli zek che evadevano in continuazione e il lavoro della costruzione della ferovia. Si lavava una volta al mese, dormiva in una baita fredda e umida. Viveva con un unico pensiero: andarsene al più presto da lì! “Fa freddo, ho ammazzato un pidocchio, solo venti giorni fa stavo a Mosca. Vivevo. E qui? Qui non c’è niente, è spaventoso e inconcepibile. La vita appare da ora irrisoria e inutile… Ci sono gli zek al lavoro. Si guadagnano la libertà con metri cubi di terra e metri di rotaie. E io come mi guadagno la mia smobilitazione? Non mi sono lavato, non c’era acqua. E domani? Forse sarà lo stesso…”

Gli inverni siberiani sono freddi, Ivan descrive il freddo come un grande nemico, ci sono giornate che arriva anche a -45°C. “Fa freddo fuori e dentro. Anche nella mia anima è freddo e buio… Oggi non abbiamo più legna, ho le mani gelate… Per dormire mi avvolgo in due coperte, un cappotto di pelle e un pellicciotto. Questo è il vuoto, sento che io stesso sono vuoto. Tutto mi è indifferente, se qualcuno evade non andrò a cercarlo, che vada al diavolo…”, “Intanto gli zek evadono. La libertà. La libertà anche con il freddo e la fame, niente può sostituire la strada. D’altronde anche a me piacerebbe passare una giornata fuori da lagher…”. Le sue giornate passano tra domande, sofferenze, fame, freddo, voglia che arrivi la primavera. Ivan non aveva amici, non poteva averli perchè si renderà conto che i soldati arruolati erano degli analfabeti, rozzi, ignoranti e incolti, non sa con chi sfogare la sua rabbia ed i suoi dubbi: “I giorni passano e qual è il mio futuro?” , “Ogni giornata vissuta è un pezzo di vita, che si sarebbe potuto vivere e non vegetare…”.

I mesi passano e il suo stato d’animo peggiora, pensa addiritura al suicidio, scrive poesie struggenti e non crede più agli slogan staliniani. Quando legge qualche giornale sovietico come ad esempio “La stella rossa” non crede più agli articoli che descrivono l’Unione Sovietica come un “paese della scienza” : davvero un paese evoluto può lasciare i suoi militari a vivere in condizioni del genere?

Ivan Cistjakov rimarà in servizio lì nelle taighe della Siberia per due anni. Due anni vissuti al confine del mondo; troverà la forza per resistere ed andare avanti, nella natura, perchè aveva capito che contro l’orrore del BAM poteva combattere solo con la maestosa potenza della taiga, delle montagne, delle foreste. Affida al diario pensieri che all’epoca sarebbero risultati antisovietici, ma nel profondo lui capisce e sa che quella era la verità, capisce che nel sistema staliniano l’individuo non vale niente! Capisce che i lagher sono una cosa mostruosa e si sentirà più vicino ai detenuti che al sistema sovietico, era sempre più sbalordito dalle condizioni spaventose e disumane in cui versavano i detenuti, impegnati nel faticoso lavoro forzato della costruzione della ferrovia.

Tenere un simile diario era estremamente pericoloso all’epoca. Grazie a queste pagine possiamo renderci conto della vita che c’era in un gulag, delle condizioni e degli stati d’animo. Praticamente non solo i detenuti soffrivano e dovevano pagare una pena mostruosa, ma anche i militari sovietici che venivano arruolati per la sorveglianza diventavano automaticamente delle vittime di un regime totalitario.

Nel 1937 Ivan Cistjakov verrà arrestato. E’ davvero un miracolo come il suo diario non sia finito nelle mani delle spie sovietiche.

Grazie a questa sua testimonianza possiamo ancora di più capire la malvagità di un remige spaventoso, fanatico e disumano!

Quando da qualche parte sui social leggo commenti del tipo: “Deve andare in Siberia” o “Deve essere mandato ai lavori forzati in Siberia”, rabbrividisco! Non augurerei nemmeno al mio peggior nemico una mostruosità del genere. L’ignoranza di alcuni leoni da tastiera fa sempre capire quanta strada deve ancora fare l’umanita per farsi perdonare il passato!

Tatiana