Come una rana d’inverno.

Qualche settimane fa ho letto il libro “Come una rana d’inverno“. Un libro che racconta attraverso tre testimonianze cosa è stata la Shoah per il popolo ebreo e soprattutto cosa è stata la Shoah per le donne! Perché siamo abituati quasi a pensare in un solo senso e direzione quando parliamo delle persone deportate, si fa un pensiero unico, quando si leggono libri o testimonianze siamo abituati a nomi maschili, ma si deve sapere e riconoscere che le donne hanno subito qualcosa in più. Le donne che sono portatrici della vita e della cultura materna, una volta arrivate nei campi di sterminio diventavano il nulla. In questo libro tre donne sopravvissute ad Auschwitz raccontano cosa è stato per loro ricevere quel numero sul braccio e in automatico perdere la propria identità. Le tre donne protagoniste di questo importante libro sono: Liliana Segre, Gotti Bauer e Giuliana Tedeschi.

Nei lagher nessuno era più padrono del proprio corpo, immaginate che orrore e disumanitá si poteva provare. Alle donne venivano rasati i capelli, le donne perdevano le mestruazioni e dovevano marciare nude davanti ai soldati delle SS, la nudità era una costante che veniva vissuta dalle donne come una grande persecuzione morale. Le donne incite arrivate nel campo di sterminio venivano eliminate subito e sulle prigioniere donne venivano eseguiti esperimenti su tutto il corpo sopratutto nelle parti genitali. Dovevano subire le umiliazioni e dimenticarsi chi erano fino a quel momento.

Nel libro viene spiegato molto bene come le condizioni di vita nei lagher era fatto per disumanizzare le persone!

Ecco alcuni passaggi del libro:

Goti Bauer racconta: “Il desiderio di umiliarci e di degradarci era primario... La visione continua di quella fiamma e quell’odore tremendo ti impedivano assolutamente di pensare ad altro…”

Liliana Segre racconta:”Non mi guardavano come una donna, ma come un capo di bestiame di cui andassero esaminati i quadri… Il digiuno era così violento che nel giro di pochiossimo tempo là dove c’era il seno non restava più niente o, in certe donne, solo un po’ di pelle cascante… Hai la testa rasata, non hai uno specchio, non hai nulla. Eri una persona che non aveva più nulla! Non hai un fazzoletto, non hai un libro, non hai una fotografia… Le donne prigioniere sfilavano per essere lasciate in vita o per essere messe a morte, sempre nude tra i soldati in divisa…”

Giuliana Tedeschi racconta: “Le donne non hanno cominciato a testimoniare in pubblico da subito, ci hanno messo del tempo, forse perchè per noi era troppo doloroso. Per le donne è stato tutto uno strappo continuo, un attacco alla nostra stessa identità femminile… Nel lagher non si rideva, quelle rare volte che capitava era un dono prezioso, un miracolo, forse la cosa più profondamente umana…”

Nella sua testimonianza Liliana Segre racconta di come lei e suo papà sono stati catturati e messi sui vagoni dalla Stazione Centrale di Milano verso Auschwitz. Liliana anche oggi si chiede di come è stato possibile tutta quella indifferenza da parte di tutti quelli che lavoravano alla stazione che sicuramente erano a conoscenza di cosa accadeva di notte e di chi veniva caricati sui vagoni e dove portava il binario 21. Liliana racconta: “I treni della deportazione avevano la precedenza assoluta, e sono partiti per quasi due anni in continuazione, senza che nessuno scambista si sia opposto. Pensi quante stazioni da cui sono passati i treni dei deportati, come la Stazione centrale di Milano… Le ferrovie sono state una pedina importantissima dello sterminio…”

Le Ferrovie dello Stato come le ferrovie europee erano colpevoli quanto i nazisti in questo malvagio piano, perchè hanno lasciato a “disposizione” dei nazisti le linee ferroviare per compiere le deportazioni.

Appena avevo finito di leggere il libro sentivo che dovevo andare a Milano al Museo della Shoah che si trova proprio alla Stazione Centrale di Milano. Proprio sui binari da dove partivano i vagoni con le persone verso i campi di sterminio. Come Liliana e suo papà, dal 1943 al 1944 da quei binari sono partiti 774 deportati ebrei e ne sono sopravvissuti solo 27 di loro. All’ingresso del Museo c’è un muro con sopra la parola “Indifferenza” e il perchè di questa parola chiave lo troviamo nelle parole di Liliana Segre: “L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perchè quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. Indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori.”

Mettere piede e toccare con le punta delle dita quei vagoni è stato straziante. Ascoltare il raccono della guida del museo è stato molto utile. Se avete la possibilità visitate il museo, i nodi in gola saranno tanti ma per rispetto e per la memoria di tutte quelle persone innocenti tutti devono sapere, condannare e conoscere la storia!

L’interno di un vagone. Museo della Shoah di Milano.

Mentre ero lì mi erano venute in mente le parole di Goti Bauer che avevo letto nel libro: “Noi siamo usciti da Auschwitz, ma Auschwitz non è uscita di noi. È stata un’esperienza troppo traumatica…tutto quello che è successo lì dentro, tutti quei bambini a cui non si è potuto portare soccorso, tutti quei vagoni che arrivavano, quei convogli infiniti che scaricavano centinaia e centinaia di persone al giorno che andavano a gas… È indimenticabile.”

“Considerate se questa è una donna/ Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno.” (Primo Levi)

Tatiana

Il mondo diventerà mai un posto sicuro per una donna?(intervista)

Immagine dal web

Qualche settimana fa una mia amica mi mandò un messaggio dicendomi che è stata vittima di tentata aggressione sessuale. Ricordo che mentre leggevo il suo sms mi sentivo sotto shock. Al TG o sui giornali, purtroppo, quasi ogni giorno leggiamo notizie che raccontano delle violenze che subiscono le donne. Ma quando una persona che conosci viene aggredita su una strada che percorri anche te, allora tutto intorno ti sembra spaventoso.

Ho letto il suo sms un sacco di volte e volevo mandarle un messaggio di conforto ma non trovavo le parole giuste. Quale sono le parole giuste in questi casi? Come puoi tranquillizzare una persona che ha subito un trauma del genere?

Fin da bambina, ricordo che avevo un sentimento forte di ribellione verso il mondo maschilista. Anche se nella società in cui sono nata non esisteva una cultura, un’educazione della parità di genere, sempre nel mio piccolo ho condannato i pregiudizi verso il mondo della donna. Dei pregiudizi davvero idiota e medievali: “le donne non possono guidare perché guidare è solo da maschi” , “se qualcuno ti aggredita era colpa tua perché vuol dire che eri troppo provocante”, “una donna se sta seduta in un bar a bere qualcosa è una poco di buono”. Non parliamo poi come ho dovuto lottare negli anni dell’università contro dei professori maschilisti e pieni di strafottenza.

Perché noi donne dobbiamo sempre giustificare il nostro abbigliamento o corpo? Perché qualcuno si sente libero di fischiarci dietro o addirittura aggredirci?

Ho chiesto alla mia amica di lasciarmi una piccola intervista per il mio blog. Penso che anche in realtà piccole come questo blog si debba dare spazio a temi così importanti! Soprattutto oggi quando guardandoci intorno si ha la sensazione che il mondo vada tutto storto!

Cosa è per una donna subire un’agressione fisica, una tentata violenza sessuale?

– Credo che sia l’azione più brutta che una donna possa subire. Sapere che un uomo si possa prendere certe libertà per soddisfare una propria esigenza con egoismo. È una sconfitta per il mondo femminile!

Il giorno dopo l’aggressione cosa ti ripetevi o dicevi a te stessa?

-Mi dicevo perché a me? Mi domandavo se era successo veramente, la mente cercava una giustificazione. Mi domandavo se sarebbe successo lo stesso se non avessi indossato un vestito corto e tacchi…

Ti sentirai mai sicura per strada d’ora in poi? Che messaggio vuoi lasciare qui per i lettori del blog?

-No purtroppo! La mia vita ora sarà segnata per sempre da questo episodio. Sto già riscontrando ansie e pensieri quando nella quotidianità mi trovo a camminare da sola per strada! Vorrei dire di denunciare, di parlare e di non tenersi tutto dentro! Di circondarsi di persone care e soprattutto di non sentirsi in difetto!

Grazie alla mia amica per aversi confidata con me, grazie che ha trovato parole piene di coraggio per dare coraggio a tutte noi altre donne!

Mi piace pensare che leggendo questo articolo ogni lettore si possa fermare per pensare al mondo che lo circonda!

A tutte le Donne voglio dedicare la poesia di Alda Merini “Quelle come me”. Poesia che quando l’avevo letta un po’ di anni fa per la prima volta sembrava che appartenesse alla mia anima da tutta la vita.

“Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.

Quelle come me donano l’anima, perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto.

Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio di cadere a loro volta.

Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.

Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano, tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.

Quelle come me quando amano, amano per sempre e quando smettono d’amare è solo perché piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita.

Quelle come me inseguono un sogno quello di essere amate per ciò che sono e non per ciò che si vorrebbe fossero.

Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai, sono caduti nel dimenticatoio dell’anima. Quelle come me vorrebbero cambiare, ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.

Quelle come me urlano in silenzio, perché la loro voce non si confonda con le lacrime.

Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore, perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.

Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio, non riceveranno altro che briciole.

Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso, purtroppo, fondano la loro esistenza.

Quelle come me passano inosservate, ma sono le uniche che ti ameranno davvero.

Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita, rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti e che tu non hai voluto…”

Tatiana

Lottare per 30 anni, per una nazione che non esiste.

Foto di Vadim Ghirda marzo 2022 “Fiori posti dalle persone su un veicolo militare ucraino distrutto”

In questi giorni sui giornali, alla TV, sui social si parla tanto di Transnistria. Del presunto interesse da parte del Kremlino di creare una linea a sud e a sudovest dell’Ucraina che arrivi fino alla Transnistria.

Leggo tantissime informazioni e sento varie opinioni sull’argomento transnistriano. Per introdurre questo argomento bisogna iniziare con la cosa più importante e corretta: il territorio della Transnistria fa parte ed è il territorio della Repubblica Moldova!

Facciamo qualche passo indietro arrivando all’anno 1989, quando cadde il muro di Berlino e il mondo sovietico piano piano si stava sgretolando. I paesi sotto l’URSS uno dopo l’altro vinsero le loro indipendenze, come successe anche in Moldova. La Transnistria, situata a est, ha il fiume Nistru che fa da frontiera naturale tra lei e tutto il resto del territorio della Moldova. Quando nel 1991 la Moldova dichiarò la sua indipendenza, la Transnistria era sotto shock. Il suo cuore altamente sovietico non voleva smettere di battere. Infatti dal 1990 al 1992 furono tanti i conflitti tra i militari moldavi contro le forze separatiste. L’incapacità dei politici moldavi di allora, l’implicazione su larga scala della Russia, hanno avuto come conseguenza una guerra chiamata anche moldo-russa durata da marzo a luglio ’92 con più di 300 morti e la presenza permanente (anche ora) della 14-a armata russa sul suolo della Transnistria. Grazie proprio alla protezione di Mosca, le autorità della Transnistria si sono autoproclamate come Reppublica moldava di Transnistria ( una nazione che non esiste riconosciuta solo dalla Russia, anche tuttora), non hanno mai riconosciuto la bandiera della Moldova, la lingua rumena come lingua di stato, la moneta moldava.

Oggi la Transnistria vive in un mondo che non esiste, vive ancora in un mondo sovietico. La popolazione è poco più di 500.000 abitanti. La lingua ufficile è il russo e nelle scuole si studia rispettando il sistema educativo russo. Sulla sua bandiera è presente il simbolo assoluto del mondo sovietico “la falce e il martello”. La mafia russa ha in mano tutto il sistema economico del territorio. Per entrare sul territorio della Transnistria ci sono vere e proprie frontiere, e l’accesso non è scontato.

Sono 30 anni che questo è un argomento molto dolente per la Moldova, soprattutto in questi mesi. Non c’è mai stata una discriminazione nei confronti della popolazione transnistriana (come cerca e cercherà di far credere Mosca), semplicemente vogliamo che tutto il territorio della Repubblica Moldova viva in pace e senza frontiere, senza un orco malvagio pronto giorno e notte a controllare un pezzettino di terra che non è MAI stato suo. Anche perchè in Transnistria vivono i nostri parenti, amici, e nessuno vuole il male di nessuno. La propaganda russa è molto forte sul suolo moldavo, immaginate in Transnistria com’è! Dobbiamo restare uniti e non cedere alle provocazioni ed alle insinuazioni!

Ogni moldavo è preoccupato, siamo un paese molto piccolo. Vogliamo diffendere la terra, la pace e soprattutto la nostra identità nazionale che per tanti anni ci è stata rubata, violentata e massacrata! Abbiamo paura, proprio come il popolo ucraino che tutto possa ritornare come 30 anni fa: povertà, disinformazione, paura, criminalità alle stelle, un sistema politico antidemocratico e tanto lavaggio del cervello.

Qualche giorno fa un ragazzo ucraino (rifugiato con problemi di salute) a un certo punto mentre parlavamo mi ha guardato dritto negli occhi e con voce piena di orgoglio patriottico mi ha detto: “Noi vinceremo, perché stiamo difendendo la nostra terra. L’Ucraina appartiene a noi, siamo motivati, siamo patriottici e nessuno potrà mai toglierci la nostra casa!” Poi gli occhi gli si sono riempiti di tristezza, ha distolto lo sguardo dicendo: “Vinceremo, ma dispiace molto per tutti i morti…”

Tatiana

Non diteci di rinunciare alla libertà.

Foto di Francesca Mannocchi, Charkiv, 02/03/2022 *

Mondo del ventunesimo secolo non lasciarci finire nelle mani dell’oscurità! Abbiamo già vissuto, abbiamo sofferto sotto questa dittatura, sappiamo cosa vuol dire: “non aprire bocca e non vedere le cose”.

Homo sovieticus non tornare, non sei più di moda, non sei necessario in un mondo moderno!

C’è stato un tempo in cui l’uomo sovieticus non doveva pensare con la sua testa, non doveva dire parole in più, non doveva essere orgoglioso (sentimento assolutamente troppo democratico), non poteva sognare, non doveva assolutamente perdere tempo perchè chi perdeva tempo non era un vero sovietico. C’è stato tempo in cui nella mia terra non si parlava più la mia lingua, non si cantavano canzoni nella mia lingua, non si studiava più la storia dei nostri antenati, non si pregava e non si guardava verso l’occidente. Ci sono stati tempi in cui chi era una minaccia veniva eliminato e la paura faceva parte della vita quotidiana. Per generazioni il lavaggio del cercello faceva parte del sistema politico al comando, per generazioni si è pensato: “non viviamo bene perchè non ce lo meritiamo”… Con cosa e in cosa abbiamo sbagliato, in cosa ha sbagliato il mio popolo per meritarsi queste oppressioni? Abbiamo avuto SOLO la sfortuna di essere geograficamente posizionati troppo vicino a una terra imperialista!

Oggi c’è la guerra, si legge, si vede, si testimonia ogni giorni così tante attrocità. Alcuni capiscono la voglia di difendere la propria terra altri la condannano. Io sono dalla parte di chi capisce.

Quando, nel ’91, la Repubblica Moldova ottiene la sua indipendenza, tutto il popolo sognava la libertà e la democrazia. Anche se nessuno che usciva dal mondo comunista sapesse in realtà cosa volesse dire vivere in democrazia. Come ci si doveva comportare in un paese libero e senza paura? Le aspettative erano molto alte, finalmente il patriottismo era sulla bocca di tutti, i poeti lo scrivevano e i cantanti lo cantavano. Poi negli anni, l’entusiasmo piano piano si spense, la delusione si leggeva negli occhi di ogni cittadino. In tutti questi 30 anni d’indipendenza abbiamo avuto al potere solo politici filorussi: il cordone ombellicale russo non era stato mai tagliato. Si viveva sempre sotto la stretta sorveglianza russa, solo che non si usava più la parola “dittatura”, ma una specie di “democrazia camuffata russa”. Crisi economica, emigrazione di massa, povertà e niente futuro; questo è stato per 30 anni il mio paese, con al vertice politici filorussi. Quando nel dicembre del 2020 venne eletta come presidente Maia Sandu, il mio popolo finalmente in lei vide uno spiraglio di luce verso la vera vita democratica ed europea. Finalmente il nostro paese allaccia amicizia con diversi paesi esteri, prima gli unici paesi con cui si faceva politica estera erano solo Russia e Bielorussia.

Quando sento in questi giorni alla TV alcuni “opinionisti” che dicono che l’Ucraina si deve arrendere, che dovrebbe piegare la testa, mi viene da urlargli contro! Come si fa a rinunciare alla vita democratica, alla libertà tanto attesa? Come credete che il popolo ucraino può voltare le spalle alla propria terra, alla propria lingua, alla propria libertà dopo tutto quello che hanno dovuto subire negli anni del comunismo e il dopo, proprio come il mio paese? Dovete sapere che il patriottismo, l’amore per la propria terra non si può soffocare!

E anche se la terra ucraina venisse conquistata, come credete che saranno accolti i russi? Credete che il popolo ucraino non uscirà per le strade a protestare? Credete davvero che rinuncerà facilmente alla propria terra e tornerà la pace? Credete davvero che non si verserà più sangue?

Maledetto sia colui che vuole la terra di qualcun altro!

Maledetto sia colui che ha distrutto l’infanzia e il futuro di tanti bambini!

Maledetto sia colui che ha distrutto e raso al suolo intere città e paesini!

Maledetto sia colui che ha violato la terra fertile di un altro paese!

Maledetto sia colui che ha separato i padri dai propri figli!

Maledetto sia colui che fa piangere tante donne e bambini!

Maledetto sia colui che non ha coraggio di ammettere la parola “guerra” ma si sta nascondendo dietro le parole “operazione militare”.

Maledetto tu che hai tolto la libertà di parola al tuo popolo e lo stai trasformando in un popolo disinformato, selvaggio e analfabeta!

Non ditemi che le ragioni e gli sbagli sono da entrambe le parti, perchè in un mondo civile si discute con le parole a un tavolo rotondo, non con le armi invadendo come se fossimo nel medioevo!

Mi sento vicina al popolo ucraino, perchè so quello che hanno vissuto per anni, perchè noi siamo i loro vicini di casa, perchè la paura di un ritorno della malvagità ce l’ha anche il mio popolo!

Cлава Уцраїна!

*La foto all’inizio dell’articolo è della giornalista Francesca Mannocchi, che è sul fronte ucraino. La foto rappresenta una macchina dei civili che sta cercando di lasciare il paese sotto attaco. Sui vetri della macchina c’è scritto “bambini”, così si spera che la macchina non venga attacata.

Tatiana

La libertà di essere.

La libertà di essere ci viene insegnata da qualcuno? C’è qualcosa alla nascita di qualcuno di noi in cui ci viene tramandata questa grande conquista?

Sono nata negli ultimi anni del comunismo in Moldova. La libertà di essere non veniva insegnata e incoraggiata, anzi, veniva punita. Mi rendo conto ora quanta aria ci ha tolto quella dottrina maledetta, com’è riuscita a far penetrare nel sangue di intere generazioni un modo di pensare sbagliato. Anche se il mio popolo ha sofferto tanto abbiamo avuto sempre dei grandi poeti e cantautori, che attraverso le loro opere hanno sempre dato voce a quella parte dell’anima mai morta del mio popolo. Come Grigore Vieru, Ion Aldea Teodorovici, Eugen Doga, Nicolae Dabija, Ion Druta.

La libertà di essere vive dentro di noi, basta lasciare le ali libere ed i pensieri mai incatenati! Aprire un buon libro, ascoltare musica, osservare un quadro, fotografare un bacio, piangere quando si legge una poesia, pregare, ma anche ascoltare preghiere di una cultura e religione diversa della tua, allontanare i pregiudizi, credere nelle proprie radici; ecco alcuni passi per conquistare la libertà di essere qui, adesso, unici e autentici! Conquistare se stessi è forse la più grande sfida che uno può realizzare nella sua vita. Si possono fare cose grandi, o cose piccole nel quotidiano, ma tutto fatto con la consapevolezza che hai deciso tu, sei tu il vortice, la cima della montagna, è davvero impagabile!

Ho sempre trovato nei libri delle battaglie eccezionali per la libertà di essere! Nel momento in cui apri la porta di un libro ed entri dentro nella narrazione succede qualcosa di straordinario: si impara una storia di una vita. Può essere un libro basato su fatti veramente accaduti, o storie inventate, ma una cosa rimane certa, i libri insegnano La Libertà! Sopratutto quando si leggono libri dove sono le donne a conquisatare la loro fetta di vita libera, di essere loro stesse con le loro battaglie, sbagli, amori, sofferenze.

Penso a Pearlie la protagonista del libro “La storia di un matrimonio”, o alla Violette protagonista del libro “Cambiare acqua ai fiori”. Poi c’è la fortissima Amelia protagonista del libro “Tempi difficili”, o Cyrla protagonista del libro “La culla del mio nemico”. Di Evfrosinija dal libro “Quanto vale un uomo” ho parlato in un altro mio articolo passato, poi anche Helga dal libro “Lasciami andare madre”, penso anche alla Tatiana protagonista del libro “Il cavaliere d’inverno”. In ognuno di questi libri si leggono storie assolutamente diverse, ambientate in tempi storici diversi, ma ognuna di queste protagoniste lotta a suo modo per la libertà di essere, per la libertà di decidere, di amare, di avere libertà di vivere la propria vita.

Forse è per questo motivo che amo così tanto i libri: perchè hanno questa forza di aprire orizzonti mai visti, di aprire quella parte di noi stessi che non conosciamo, di non temere niente, di credere in se stessi!

Poi c’è la categoria dei libri storici, quelli sono davvero da scoprire e leggere. A volte quando leggo certi fatti e avenimenti e la forza, il corraggio, i sacrifici, le morti che sono stati per conquistare la liberta, la giustizia, rimango incredula di come l’umanità non abbia ancora capito ed imparato dal passato gli errori da non commettere mai più.

La libertà di essere semplicemente se stessi, liberi con il pensiero, con gli occhi, con il cuore, liberi di distinguersi da tutti senza essere giudicati e giudicare: è questa la straordinaria meta della nostra vita!

Ho imparato che la cultura in tutte le sue forme è la chiave del pensiero libero.

E voi in cosa avete trovato la vostra libertà di esprimervi, di essere? Perché amate i libri o altre forme della cultura? Potete rispondermi qui o in privato,o su fb o instagram io vi leggo sempre.

Tatiana

Vivere la vita.

In queste ultime settimane mi sono totalmente dedicata alla lettura, ho lasciato le parole, l’ispirazione, il blog in vacanza. Non ho mai seguito una regola rigida di come e quando pubblicare, anche perché ci sono momenti che ami alla follia prendere possesso delle parole che ti girano per la mente e metterle in ordine su un foglio, ma poi ci sono momenti in cui odi il vulcano di parole che sta per eruttare nella tua testa.

Faccio un po’ fatica a seguire le onde delle mode o delle regole. Non mi piace dar etichette alle cose che faccio e non mi piace avere cose preferite. Per esempio io non ho una canzone preferita, non ho un genere preferito di musica, non ho un dolce preferito e nemmeno un film. Non ho un libro preferito, perchè ne ho un’infinità, e di libri potrei parlare per ore. Non ho un profumo preferito, non ho una stagione e nemmeno un frutto preferito.

Non mi piace racchiudere quella che sono in una definizione precisa e marginale, mi sembra quasi un peccato, come direbbe mia mamma. Ma poi perché? È così bello amare tutto, non dare preferenze ma godere, imparare, stupirsi, gioire, piangere grazie a tutto quello che vivi giorno dopo giorno, grazie a tutto quello che ti capita di ascoltare, leggere, annusare, assaggiare! Perché devo per forza avere una sola cosa preferita quando il mondo offre così tanto?!

E poi un’altra cosa che non amo fare, sono i resoconti o bilanci di ogni anno che passa. La vita va vissuta! Penso che ognuno di noi si renda perfettamente conto ogni giorno come va la sua vita, basta rispettare i valori che sono i pilastri delle nostre esistenze. Perché devo giudicare e controllare? Piuttosto vivo, sbaglio, corro, mi stupisco, amo, abbraccio e poi sbaglio ancora.

So che la vita di oggi ci porta sempre nel vortice del “subito e ora”. Non abbiamo pazienza nemmeno per fermarci ad ascoltare la risposta a un “come stai?”.

Sapete di cosa mi sono resa conto? Che si è dimenticato come ci si sente quando la vita procede lentamente, come nelle scene dei film dove fanno vedere certi momenti al rallentatore; per esempio: uno sguardo, un bacio, un arrivederci, una nascita, una separazione.

Ma quanto è bello perdere tempo per leggere un libro, perdere tempo per guardare fuori dalla finestra con una tazza di caffè in mano, o di perdere tempo per tenere abbracciata la persona cara per più di un minuto, o di guardarsi nello specchio al lungo, ma non per truccarsi ma per passare con il dito intorno ad ogni ruga, accarezzare la pelle e chiedersi come va. Perdere tempo per mangiare con gusto una fetta di torta senza sentirsi dopo in colpa, per guardare le foto negli album e per piangere quando e dove ne abbiamo voglia!

Buona vita cari miei lettori! Vi auguro tempo per ogni vostra scelta e, ricordate, siate unici e perdete più tempo possibile per cose che faranno battere il vostro cuore ancora di più!

Tatiana

È il momento dell’inverno.

Quando comincia un inverno? Senza accorgerci l’inverno vive sempre dentro di noi, anche quando fuori ci sono 30 gradi. L’inverno è quello stato d’animo che chiede rifugio in un posto caldo, accomodante, sicuro, silenzioso, sotto a delle coperte che tengono al sicuro il nostro cuore. Rifugio dal mondo che ci circonda, quel mondo, quelle situazioni che tante volte ci fanno sentire fuori luogo, minacciati dai pregiudizi. Soli contro tutti, messi all’angolo perché non seguiamo la moda del momento. Ed è allora che l’inverno che vive dentro di noi allarga le sue braccia a forma di rami spogli: ci abbraccia e ci sussura con un eco secco “vieni, qui sei al sicuro”. In quei momenti ci spogliamo come gli alberi prima del grande freddo, ci spogliamo delle bugie, inganni, fregature, tradimenti; lasciamo tutto sulla soglia di casa, chiudiamo la porta, spegniamo i telefoni, come si spengono piano piano i canti degli uccelli a fine autunno, diamo un’ultima occhiata dalla finestra al mondo fuori e finalmente RESPIRIAMO!

L’inverno è il momento dei pensieri lenti, di una casa accogliente, del tè nella tazza preferita, dei vestiti comodi, della musica, degli abbracci, dei profumi della mamma, di lettere scritte a mano, dei bagni lunghi, dell’amore fra le lenzuola, è il momento di quei romanzi che hai letto decine di volte, ma senti ancora il desiderio di ripassare quelle parole che ti fanno sognare.

Quando ne abbiamo bisogno, allora perché non cerchiamo l’inverno che c’è in noi e cerchiamo di stare bene? Mettiamo intorno al collo una sciarpa fatta di parole rassicuranti, alle mani mettiamo dei guanti fatti di carezze e combattiamo contro tutto quello che ci fa stare male. Bisogna fare di ogni stagione una virtù, bisogna credere in quel freddo che pizzica le guance, ma che ci ricorda che siamo vivi.

L’inverno porta attimi di riflessioni, davanti al camino acceso si può fissare il fuoco con le sue fiamme magnetiche e capire quanto in questa vita nulla è facile, tutto è dannatamente confuso ma ogni risposta si trova proprio con una buona tazza di tè in mano (come disse qualcuno).

È il momento dell’inverno fuori e dentro di noi.

Tatiana

Le parole non dette.

Quante saranno nella nostra vita, le parole non dette?! Ti svegli una mattina e ti rendi conto che hai taciuto, hai perso delle occasioni che non torneranno mai indietro.

Sono cresciuta in un periodo che non c’era tempo per delle parole di affetto e amore. La vita sempre in salita, le preoccupazioni erano troppo importanti per fermarsi a dire un “ti voglio bene”, l’affetto in quei tempi si dimostrava con i fatti concreti: da come i genitori si preoccupavano della tua salute, da quante volte al giorno di chiedevano se avevi fame, da come ti preparavano i pacchi con i viveri per spedirli a noi studenti fuori sede. Il “ti voglio bene” di mio papà era da come mi abbracciava davanti alla corriera che mi doveva portare in città per gli studi e mi diceva con la voce che voleva inghiottire i sentimenti troppo evidenti “mi raccomando stai attenta e chiama stasera”!

Fortunatamente i tempi sono cambiati e oggi cantare, recitare, dimostrare i propri sentimenti è qualcosa di naturale ed essenziale nelle nostre giornate.

Cosa sono le parole non dette? Ovviamente sono un peso che ci portiamo dentro, sono lì come dei mattoni messi uno sopra l’altro che formano quasi un muro e questo muro pesa, è troppo alto e lo vorresti abbattere, ma come? Ci sono alcune persone che hanno la vita rovinata a causa di queste parole… sono parole proibite, che fanno fatica a uscire dalla bocca.

In questi mesi ho letto dei libri con storie diverse, ma il filo rosso, che può in qualche modo unire queste storie diversissime, sono proprio la parole non dette, i sentimenti nascosti. Ho amato tanto ognuno di questi libri, ho apprezzato come alcuni autori riescono, in modo semplice ma allo stesso tempo devastante, a mettere davanti al lettore storie che ci insegnano qualcosa.

Ci pensate come sarebbe bello se non si perdesse tempo in orgoglio, rancori, pregiudizi, aspettative e si cercasse di godersi ora e adesso la vita. Urlare, gridare al mondo intero l’amore per la persona cara, chiedere scusa quando si sbaglia e incoraggiare chi ne ha bisogno! Prendere il telefono e chiamare un amico solo per chiedergli “come stai?”, obbiettare quando qualcuno è in torto e imparare che parlare fa sempre bene al cuore.

Vi lascio i titoli dei libri che ho letto in queste settimane:

-“Il suono del mondo a memoria” (fumetto).

-“Le otto montagne”.

-“L’incolore Tazaki Tsukuru e il suoi anni di pellegrinaggio”.

-“I kill Giants” (fumetto).

-“Dove guardano i girasoli”.

Tatiana

Cosa sono i colori della vita?

Se ci pensiamo bene nelle nostre vite ogni momento ha un suo colore. Alcuni colori sono visibili ad occhio nudo, altri invece si vedono solo  con l’occhio dell’anima.  Eh si, perché succede che l’anima veda  meglio la realtà.

Basta guardare un’alba o un tramonto per capire la potenza del mistero che ci circonda e della potenza dei colori di quel momento, ci commoviamo, gioiamo, fotografiamo, condividiamo, ci meravigliamo.

Ma la felicità che colore ha? Quando sentiamo le farfalle nello stomaco, quelle farfalle di che colore sono?Quando abbracciamo la persona cara, quando accarezziamo i nostri nonni, quando diamo un bacio , quando diamo la mano ai nostri bambini, quando sorridiamo, quando cantiamo, quando balliamo … che colori hanno tutti questi  momenti?

La tristezza, l’infelicità avranno anche loro dei colori. La malinconia, la nostalgia, la lontananza… la morte, la disperazione…

Ognuno di noi quando apre i cassetti di tutti questi sentimenti belli o meno, emane un colore, perché la vita è così- unica e speciale. Nessuno merita di essere incolore, la vita è troppo breve per essere sprecata solo nel bianco o nel nero. Lasciamo entrare i colori nelle nostre vite, coloriamo ogni istante, diamo importanza a ogni tonalità forse così un pochino staremo anche meglio!

Per esempio se adesso chiudeste per un istante gli occhi e vi chiedessi qual è il colore della vostra infanzia? Ci avete mai pensato? Scavare nei ricordi e trovare quel colore che subito vi da la sensazione di sentirvi a casa, al sicuro. Bhe per me è il colore della marmellata di prugne che preparava sempre mia mamma, le mie merende preferite pane e marmellata. O quando pulivo le noci ancora non pronte e queste mi lasciavano sulle palmi delle mani un colore marrone che non se ne andava via per settimane, e puntualmente prima di entrare in classe la maestra ci controllava le palmi delle mani sgridandoci: “il decoro a scuola è importante!” me lo ricordo come fosse ieri.  O il colore giallo della polenta, sapete i miei nonni mangiavano sempre la polenta dicevano che è la cosa più buona e sana del mondo, bhe i nonni loro hanno un colore a parte che non esiste nella scala dei colori, è un colore che si vede con l’anima… ecco un altro mistero piacevole della vita!

Ecco i miei esempi e voi ne avete?

Tatiana

È autunno in Moldova

È ora di aprire una confettura autunnale. Una di quelle confetture che metti da parte per giornate piene di malinconia.

In un qualsiasi paesino moldavo quando chiedi a un contadino cosa è per lui l’autunno, lui ti risponderà: “Tanto lavoro!”.

L’autunno, per chi lavora la terra, inizia quando l’uva si trasforma in mosto, quando le famiglie intere si radunano per la vendemmia. L’autunno inizia quando l’aria cambia; un profumo nuovo avvolge tutto, è il profumo della terra fertile che è pronta a donare i suoi raccolti.

È autunno quando i contadini lasciano le semplici scarpe per indossare le galosce e i cappelli, le donne, le ragazze mettono in testa i fazzoletti per protegersi dai venti freschi e i bambini cominciano ad avere i nasini sempre colanti.

Davanti ad ogni cancello ci sono rimorchi pieni di granoturco da pulire e sistemare. Gli alberi di noci vengono spogliati dai loro doni e nell’orto rimangono gli ultimi ortaggi da raccogliere. Quando si passa per strada e si guarda nei giardini di ogni casa, si vedono le botti in legno pulite, aggiustate, pronte per essere riempite con il nuovo vino.

È autunno quando nei beciuri* non c’è più posto. Sono strapieni di conserve di ogni tipo: dolci o salate, olio, botti di vino piene, rigorosamente da consumare durante il lungo inverno e primavera.

È autunno in Moldova, quando i campi rimangono spogli dopo le ultime raccolte, la terra di color nero viene preparata per l’arrivo dell’inverno e la frutta raccolta dai frutteti è messa nelle casse lasciando le foglie gialle a fare i loro balletti indisturbate. Da mattina a sera l’unico rumore che si sente per le vie dei paesi e nei campi è il rumore dei trattori.

Per me l’autunno iniziava quando a scuola si faceva il festival dell’autunno, “Autunno d’Oro”, quando il mio papà portava a casa rimorchi di legna da sistemare sotto i muri dei fienili, servivano per riscaladre le case durante l’inverno. Era un lavoro molto faticoso, per noi bambini soprattutto ma nessuno si tirava indietro, sapevamo che tutto serviva per il nostro bene! E i fienili invece erano pieni di patate, cipolle, con sacchi di farina di grano duro e di mais.

Un contadino sa che la terra non aspetta, bisogna sempre ascoltarla e rispettarla. Un contadino sa che durante l’autunno non c’è tempo da perdere, le piogge sono più spesse, i venti più rigidi e l’inverno può arrivare all’improviso.

C’è tanto lavoro in Moldova, le mani di un contadino non sono mai stanche, il cuore mai tranquillo, l’anima sempre in preghiera e gli occhi sempre all’insù a guardare il cielo come cambia.

beciuri*- cantina tipica moldava, scavata nella terra. Alcuni hanno queste cantine in casa, altri scavate nel giardino. Sono un luogo naturale, come un frigorifero, dove si conservano le proviste.

Tatiana