La fede nel cuore dei ragazzi (intervista).

la fede nel cuore dei ragazzi
Foto di repertorio, alcuni chierichetti della Parrocchia di Ospitaletto, 2021.

La fede ha sempre nella vita di ognuno di noi un ruolo importante. Ognuno di noi crede in qualcosa/qualcuno che può donare sollievo al proprio dolore e alla propria anima. Cerchiamo e abbiamo bisogno di non sentirci soli e abbandonati, abbiamo bisogno di pregare e di credere che Qualcuno ci sta ascoltando, abbiamo sempre bisogno di speranza. Ogni essere umano almeno una volta nella sua vita si è posto una domanda legata alla fede. Ultimamente però, vedendo i miei bimbi crescere, mi sono chiesta che ruolo può avere la fede nel cuoricino di un/a ragazzo/a? Come può la fede aiutare ed arricchire il cammino di un fanciullo? Ho cercato risposte alle mie domande da Massimo Bertelli, sagrista e responsabile dei chierichetti della nostra Parrocchia di Ospitaletto. Lui, dal 1998, è il responsabile dei chierichetti e ne ha visti di ragazzi passare e crescere nelle tuniche nere e nelle cotte bianche. Oggi nella Parrocchia di Ospitaletto ci sono 25 chierichetti tra gli 8 ed i 22 anni. Chi meglio di lui può darmi la risposta alla mia curiosa domanda: cosa è la fede per un/a ragazzo/a?

Ho incontrato Massimo davanti a un caffè, in un bar storico di Ospitaletto.

In questi anni hai accolto e hai visto crescere un sacco di ragazzi/chierichetti. Come sei riuscito e riesci tutt’ora a trovare un linguaggio che arrivi dritto a loro, come riesci a coinvolgerli?

“Ho sempre pensato che la cosa fondamentale per i ragazzi è che devono essere contenti di venire a servire la messa. Cerco sempre di far trovare ai ragazzi un ambiente sereno, allegro ma in cui trovano anche delle regole chiare; cosa e come devono fare, questo dà a loro sicurezza, ma anche la possibilità di trovare amici.”

C’è una differenza tra i ragazzi di oggi ed i ragazzi di ieri, quelli di 10/15 anni fa?

“C’è una grande differenza. Rispetto ai ragazzi di anni fa, quelli di oggi hanno una minore capacità di avere pazienza, di dedicare tempo. Soprattutto dopo la pandemia, che ha dato un brutto colpo al modo di vivere dei ragazzi. Fanno fatica a restare concentrati, ad avere tempo di stare fermi per pensare; devono avere qualcosa da fare e questo è brutto perché perdono di vista l’importanza di stare da soli con se stessi. E’ vero però che, per fortuna, le amicizie quelle vere, le relazioni fisiche non hanno perso terreno, almeno qui nel nostro paese; qui vedo che c’è ancora voglia di trovarsi, di uscire, di andare a giocare. Comunque i ragazzi vengono sempre volentieri alle riunioni e questo non è poco, nonostante sappiano che magari non giocheranno, ma avranno una noiosa lezione, perché amano stare insieme.”

Un bimbo/ragazzo che inizia a fare il chierichetto sa già bene cosa è Dio, cosa è la fede? Oppure piano piano lo impara e lo scopre nel suo cammino da chierichetto?

“L’importante è che ci sia dietro anche la famiglia, la fiducia della famiglia negli educatori, così si può costruire un cammino di fede. La famiglia è fondamentale, bisogna capire che noi non facciamo catechismo non è il nostro compito, cerchiamo di insegnare qualcosa attraverso la liturgia.”

Allora secondo te, per un ragazzo, per un giovane cosa è Dio? In questi anni ne hai visti, ascoltati, supportati di ragazzi, cosa hai capito?

“Poter dare una definizione è difficile, quello che ho capito in questi anni è che i ragazzi trovano un qualcosa, un senso nel loro servizio e quel qualcosa potrebbe essere Dio per loro. Approfondire è difficile perché hanno età diverse, però ho osservato che i ragazzi sentono che fanno qualcosa per Qualcuno che gli vuole bene.”

Oggi che è tutto troppo moderno nel cuore di un ragazzo/a, a parte i chierichetti, c’è spazio per Dio? Quanto può essere importante avere un punto di riferimento, un Dio, qualunque esso sia?

“Nel cuore di un/a ragazzo/a c’è spazio per Dio, basta solo volerlo. Perché Dio il suo spazio lo trova sempre, Lui è sempre a disposizione. Il problema di oggi, secondo me, è che ai ragazzi manca la possibilità di progettare un futuro a lungo termine, perché c’è una grande incertezza. Questa incertezza può favorire il ricorso alla possibilità di pensare che c’è qualcuno che ti guida, che c’è qualcuno che ti vuole bene, oppure il contrario invece che questa grande incertezza da talmente tanta preoccupazione che Dio viene lasciato da parte. Questo dipende dalla sensibilità di ognuno. Avere un punto di riferimento è molto importante perché vuol dire dare direzione al tuo pianeta, per noi il punto riferimento è Gesù. Diciamo sempre ai nostri ragazzi che la Quaresima serve a capire a che punto si è giunti nel proprio rapporto con Dio, che posto ha Dio nella propria vita e la Pasqua è il complimento di questo cammino. Avere un punto di riferimento per tutti è fondamentale: aiuta a non perdersi! Magari alcuni non lo chiamano Dio ma comunque considerano o sanno che c’è qualcosa di più, poi un giorno scopriranno che è Dio! L’importante è che il punto di riferimento non siamo solo noi, che mettiamo noi stessi come nostro Dio; questo è pericoloso perché vuol dire che gli altri non ci sono, dobbiamo capire che non camminiamo da soli.

Ti faccio una domanda un po’ difficile: come spieghi la Pasqua ai tuoi ragazzi?

“Ho capito che i ragazzi fanno fatica a comprendere anche solo il significato della Quaresima, che è il periodo che prepara la Pasqua. Per esempio l’atmosfera natalizia si vive più intensamente, la si trova ovunque, perfino alla TV; l’atmosfera della Quaresima invece non è così intensa, quasi non esiste. Sentono la Pasqua perché sanno che è importante, che è gioiosa e ci tengono anche. La liturgia pasquale è ricca di segni anche molto semplici e profondi, quello in cui hanno maggiore difficoltà è il venerdì Santo, cioè il momento della passione. E’ una liturgia un po’ complessa in cui loro non devono fare nulla, devono solo stare in ascolto, per loro stare in ascolto in silenzio è molto difficile. Lo fanno, però faticano a capirne il senso, certo lo si spiega che è il momento in cui Gesù da la vita per noi, ma senza segni fisici, come per esempio il giovedì santo quando c’è la lavanda dei piedi e la processione: ecco, questi segni loro già li capiscono meglio.

Ho chiesto a Massimo se i suoi studi sono legati alla teologia, mi ha risposto di no, ha studiato tutt’altro, tecnico dell’industria elettrica. Le sue conoscenze si sono accumulate lungo il suo cammino da sagrista e capo chierichetti. Non potevo che ammirare e rispettare il suo grande amore ed entusiasmo nel parlare della fede. Sono rimasta affascinata dalle risposte semplici ma allo stesso tempo profonde che mi dava, ma mi capita sempre di rimanere affascinata dalle persone che hanno la testa e il cuore pieni di informazioni, cultura e buon senso. C’è sempre da imparare quando si sa ascoltare con attenzione!

Certamente il mistero della fede non ha abbandonato i miei pensieri, continuerò ad osservare, imparare ed ascoltare. Sono ancora affascinata da quei ragazzi che scelgono di fare il cammino da chierichetto perché secondo me alla fine è una chiamata misteriosa e personale. Continuerò a farmi mille domande, ma per ora tengo a mente quello che mi ha detto Massimo e spero che il messaggio della Santa Pasqua sia più sereno ed accolto nei cuori di tutti quelli che leggeranno questo articolo!

Tatiana

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