Il dolore degli anni ’90.

Gli anni ’90 cosa sono stati per una bambina nata in un piccolo paesino in Moldova?

Ero una bambina di 6 anni quando sono arrivati gli anni ’90, non capivo la novità e la svolta che prendevano le cose nel mio paese, ma da come si viveva giorno dopo giorno, anche una bimba che andava alle elementari capiva la pensatezza della realtà.

Nell’agosto del ’91 la Moldova dichiarava la sua indipendenza, finalmente libera dalla bocca avida e mostruosa dell’URSS. La Moldova ha vissuto per 47 anni nell’ombra dell’URSS. Quando abbiamo conquistato la nostra indipendenza, la felicità e la liberazione erano grandi, si sognava un futuro libero, prospero e pacifico.

L’URSS ha reso il mio paese come un essere non vedente, per noi le cose più belle erano quelle sovietiche, i cibi più buoni quelli sovietici, la vita più bella era la vita sovietica in un kolhoz, il paese più bello era la grande URSS. Non sapevamo come si viveva negli paesi, oltre i confini sovietici. Quando l’indipendenza è stata conquistata, piano piano tutto quello che si poteva vendere e prendere è stato privatizzato. I rubli russi erano caduti e con l’arrivo della nuova moneta, quasi tutta la popolazione è rimasta senza risparmi. In quel momento è cominciato il declino!

Il nuovo governo era incapace di alzare in piedi la nuova Repubblica Moldova, ha cominciato a rubare (beh, lo facevano tutti in tutti i settori, tutti erano affamati di soldi e stufi della povertà). Il paese è entrato in una crisi mai vissuta prima.

Maledetti anni ’90…

Negli anni 1995/96 la crisi divenne ormai irreversibile. Ero bambina, ma capivo benissimo tutto, e sulle mie spalle fragili da bambina mi pesava tutto. La corrente elettrica era staccata in tutti i paesini: avevamo corrente elettrica 2 ore al giorno; l’acqua al rubinetto non esisteva più, il riscaldamento d’inverno negli edifici pubblici era un miraggio. D’inverno quando andavamo a scuola ci portavamo dietro un cuscino o una coperta da mettere sulla sedia gelida nella nostra classe. Si studiava imbacuccati. La nostra scuola era un edificio grande e bello, con un giardino sempre immacolato. In inverno però diventava un edificio trappola, troppo freddo e invivibile. In alcuni inverni delle classi furono traferite in aule dell’asilo, perché venivano un po’ riscaldate ed almeno si poteva togliere il giubbino.

Maledetti anni ’90…

Siccome non c’era mai la corrente elettrica i compiti a casa si facevano con le lampade alimentate a gas. La cena la facevamo con la lampada sul tavolo, in quei momenti la vita fuori dal buio, dipendeva dalla luce che emanavano quelle lampade.

Maledetti anni ’90…

Negli anni ’90 gli uomini andavano a cercare lavoro in Russia, oppure a Odessa (la cosiddetta zarabotka). Famiglie divise per mesi interi. Poi dagli anni 2000 hanno cominciato anche le donne ad andare nei paesi lontani a cercare lavoro: in Italia, Israele (la richiesta di lavoro per le donne in questi paesi era veramente molta). Da un giorno all’altro il nostro paese rimase senza mamme, donne, maestre, dottoresse, nonne… Tutti cercavano la felicità, tutti volevano uscire dalla povertà e l’unica via d’uscita era andarsene. Le donne, le mamme, le sorelle se ne andavano e chi rimaneva a casa soffriva. Non esisteva una famiglia nei paesini dove una donna di casa non fosse all’estero. Piano piano le feste non erano più le stesse: il Natale non era più gioioso, i compleanni erano tristi e le lacrime erano tante, perché mancava o la mamma o la sorella o la nonna.

Sono cresciuta anche io con il grande desiderio che un giorno me ne sarei andata a cercare la felicità.

Le mie spalle da bambina vissuta negli anni ’90 avevano solo un desiderio: di scrollarsi di dosso la sofferenza di quegli anni.

Amo molto il mio paese, la mia terra. Siamo davvero un popolo con un cuore grande, abbiamo tradizioni e fede nel cuore e non riesco ancora a perdonare chi ha fatto così tanto soffrire la mia bella terra. Tutto è cominciato da un regime fanatico che ha seminato solo povertà e ignoranza. Abbiamo pagato e stiamo pagando tutt’ora le conseguenze del regime sovietico. Sono ormai 30 anni che stiamo pagando a caro prezzo la grande russificazione che abbiamo vissuto!

Ogni giorno mi convinco sempre di più che la libertà è sacra, che una persona informata non può essere manipolata, che non si deve permettere a nessuno di calpestare la propria vita e aspirazioni!

Oggi quando sento la frase: “I soldi non fanno la felicità”, penso: “Allora non avete vissuto negli anni ’90 in Moldova…”.

Tatiana

Bambini senza radici.

Eccomi cari lettori, oggi vi parlo di un libro davvero forte, straziante, un libro alla ricerca della verità. Potrei dire un thriller! E’ una storia vera, un’autobiografia, un’ inchiesta personale nella storia straziante della seconda guerra mondiale, per cercare se stessi. Ingrid scrive questo libro per testimoniare al mondo intero l’inferno che ha vissuto per colpa dei nazisti.

Ingrid, bambina tedesca stava vivendo una vita apparentemente serena , ma crescendo capiva che era come una apolide, nel puzzle della vita che stava vivendo mancava qualcosa.

Nel 1935 nella Germania nazista nasceva un progetto che avrebbe per sempre cambiato la vita di milliaia di bambini: il Progetto Lebensborn. Questo progetto è stato messo in atto da Himmler, braccio destro di Hitler. Il progetto aveva come scopo la creazione di “case per le donne incinte” che dovevano dare alla luce bambini ariani puri. I bambini dovevano essere concepiti da donne tedesche, olandesi, belghe, norvegesi ma solo con gli uomini della SS, perchè Himmler era convinto che il sangue ariano puro si trovava solo nelle vene degli uomini della SS. Questo progetto aveva come scopo finale incrementare le nascite in Germania ed eliminare le razze inferiori. Ma il lato più oscuro di questo progetto per tanti anni è stato quasi tenuto nascosto… Siccome le aspettative non si avveravano, Himmler decise di espandere il progetto e aveva ordinato che i bambini dei paesi occupati dai nazisti (parliamo sempre della seconda guerra mondiale) che passavano i test ariani (esistevano degli esperti di razza che avevano come compito di fare degli esami e test ai bambini rapiti dai paesi occupati,si analizzava il colore dei capelli, il colore degli occhi, si misurava la lunghezza del naso, e si indagava se i genitori non fossero di origini ebree) venissero sosttratti ai loro genitori in modo ingannevole e portati in Germania nelle case che facevano parte del Progetto Lebensborn. Per i bambini rapiti, una volta arrivati in queste case, iniziò il proceso di Germanizazzione.

Dal documento Caso 8 dei cosiddetti “processi secondari di Norimberga”: “Fu pianificato un rapimento su larga scala dei bambini “razzialmente pregiati” in Paesi stranieri. Questo piano aveva il duplice scopo di indebolire le nazioni nemiche e incrementare la popolazione della Germania... Durante le guerra numerosi bambini cechi, polacchi, jugoslavi, e norvegesi furono sottratti ai loro genitori e classificati in base al loro “valore razziale”.

Diventavano bambini tedeschi, con documenti falsi, e dopo alcuni mesi di germanizazzione venivano dati in affidamento a famiglie tedesche.

Ingrid era una di questi bambini rapiti. Verrà a conoscenza di questa cosa mostruosa in età adulta, e il mondo le crollerà addosso.

In questa sua autobiografia Ingrid percorre tutta la storia della Germania nazista, le conseguenze della seconda guerra mondiale, la divisone della Germania in Germania dell’Ovest e dell’Est, la caduta del muro di Berlino. Ingrid racconta un viaggio travagliato che è durato più di 10 anni alla scoperta della sua vera identità! Un libro che è davvero una fonte storica preziosa, una testimonianza! Grazie alle sue ricerche oggi si sa ancora di più sul processo segreto di Germanizazzione, grazie alle sue ricerche è riuscita a mettersi in contato con dei altri adulti una volta bambini di Lebensborn, tutti con la stessa sorte: cercare le proprie radici e convivere con la macchia e l’impronta vergognosa di Lebensborn.

Nel leggerlo sono rimasta sconvolta e scioccata dai fatti e dall’omertà che si viveva negli anni dopo la guerra in Germania per quando riguarda i crimini e i progetti mostruosi che furono messi in atto dai nazisti. Durante la lettura anche io mi sono chiesta come si può vivere con il peso di essere stato un pezzo di un progetto folle. Come si può vivere non sapendo da dove iniziano le proprie radici, quale è la propria terra?

Vi consiglio la lettura di questo libro, non vi svelo cosa ha scoperto Ingrid e da quale paese è stata rapita. Soffrirete insieme a lei passo per passo nella ricostruzione delle sue radici e della sua infanzia.

Dal libro: “L’identità è molto di più che la semplice risposta alla domanda “chi sono?”. Riguarda anche la personalità. Stavo sforzandomi di capire com’ero diventata quella che ero. Ero semplicemente il risultato dei miei primi anni di vita in una casa Lebensborn? …In altre parole, il corso della mia vita era stato programmato da Himmler? Dopotutto, il suo obiettivo era questo: noi, figli del Lebensborn, dovevamo realizzare la sua visione di una nuova e omogenea generazzione della razza padrona tedesca”.

Tatiana