Stellina

Per molti anni i miei genitori hanno avuto una fattoria abbastanza grande, con un po’ di animali. L’animale che ho amato di più era la nostra mucca Stellina. Era intelligente e tranquilla. Amavo così tanto la nostra mucca perchè amavo molto il suo latte, mamma mia che bontà! Avete mai assaggiato il latte appena munto? Non ho mai assaggiato da nessun’altra parte un latte così buono. Era caldo, quasi dolce, profumava di erba, di casa, di qualcosa di indescrivibile.

Al mattino e alla sera avevamo il latte fresco appena munto; il formaggio non mancava mai sulla nostra tavola e il burro era una vera delizia. Fare il burro non è facile, piangevo tutte le volte quando mia mamma mi assegnava questo compito: “Tatiana devi fare il burro oggi!”. Nooo, per me era una vera noia stare lì a sbattere la panna anche per un’ora per far uscire il burro. In un barattolo di vetro si metteva la panna raccolta dal latte, si metteva un tappo al barattolo e si doveva sbatterlo per un’ora ininterrottamente, o anche di più, per non parlare poi del male alle braccia che mi veniva. Solo negli ultimi minuti di quest’ora si cominciava a vedere il risultato: la panna si condensava e piano piano si formava il burro, che leccornia!

Stellina era un animale molto intelligente, quando la portavamo a pascolare, io o mio papà, le parlavamo sempre, lei girava sempre la testa verso di noi e prima di imbucare un sentiero aspettava sempre la nostra approvazione. Ricordo che mi piaceva guardarle gli occhi. Gli occhi di una mucca sono molto grandi, che trasmettono tranquillità, da piccola guardavo i suoi occhi e mi immaginavo che mi parlasse, mi piaceva accarezzarle il muso e guardala mentre beveva secchi interi di acqua. Avete mai visto una mucca bere in un minuto un secchio di 9 litri di acqua? Io si e tutte le volte rimanevo incuriosita da questa cosa; un animale che si chinava verso il secchio e in un sorso finiva tutto come nulla fosse. Forse perchè ero piccola, ma questa cosa la vedevo come un grande mistero della vita.

Solo una volta mi sono arrabbiata con Stellina, quando avevo provato a mulgerla e lei spostando la gamba mi aveva fatto cadere per terra sbattendo la testa. Oh si, quella volta ho preso davvero paura!

Tutti gli anni, verso febbraio/marzo la nostra mucca partoriva! Era sempre una gioia e una grande festa per la nostra famiglia. Siccome faceva molto freddo nella sua stalla, allestivamo sempre in una stanza in casa nostra un piccolo posticino caldo per il nuovo/a arrivato/a. Ricordo che sempre non vedevo l’ora di tornare da scuola, per poi entrare in casa e stare con il vitellino appena nato. Aveva un profumo così buono, profumo di neonato, gli davamo il latte dal biberon ed era sempre molto coccolato.

Non saprei perchè mi è venuto in mente di scrivere di questi miei ricordi, forse perchè mi fanno stare bene! Ricordo con quanta cura, impegno e attenzione i miei genitori crescevano e accudivano gli animali, ricordo che non era facile, la fatica e le preoccupazioni erano sempre all’ordine del giorno, ma quello che ti davano in cambio gli animali era così importante e meraviglioso!

Tatiana

Il gulag, visto al di qua del filo spinato.

Cosa era il gulag per quelli che erano al di qua del filo spinato, per i militari sovietici? Nella storia siamo abituati ad avere le preziose testimonianze dalle persone, dalle vittime che hanno subito la deportazione, la sofferenza e l’ingiustizia, ma sono davvero pocchissime i documenti e le testimonianze da parte di quelli che hanno avuto il ruolo di sorvegliante della tirannia. Quando ho scoperto questo libro non mi veniva da credere, capivo che avevo tra le mani un tesoro, una fonte storica importante come quando all’università maneggiavo dei libri preziosi, per un attimo ho avuto la sensazione di essere una studentessa pronta a scoprire qualcosa di nuovo.

“Dove sono capitato?” , ” Hanno tutti lo stesso sguardo sospettoso e sfuggente…Tristezza e noia. Siberia, Siberia”. Così inizia il diario di un comandante russo, Ivan.

“Diario di un guardiano del gulag” è una testimonianza eccezionale, un documento storico. E’ il diario, tenuto in segreto, di un comandante russo che aveva il compito di sorvegliare i detenuti del gulag siberiano. Ivan Cistjakov è stato traferito nell’Ottobre del 1935 da Mosca nella regione di Svobodnyj, situata in Siberia, dove si stava costruendo il secondo binario della ferovia Bajkal-Amur (la famosa transiberiana). A lui è stato affidato il comando di un plotone. Il progetto è stato chiamato BAM – un progetto di importanza militare con l’impiego di lavoro forzato. “Intorno c’è taiga… quante tragedie umane, quante vite perdute in questa parola. Si rabbrividisce solo a sentirla: taiga. La strada della Siberia, le deportazioni, le prigionie…”. Ivan, giovane comandante, istruito e con tante speranze nella vita, una volta arrivato nella fredda Siberia trova un degrado e una disperazione inimmaginabile. “Nessuno pensa che siamo esseri umani, ci conoscono solo come comandanti di plotone, tutto qui. All’occasione si ricordano che rappresentiamo il potere sovietico… Davvero la nostra vita è questo bordello? …Perduti nella taiga noi viviamo, noi costruiamo, noi proviamo emozioni, ci occupiamo di geometria…” Ivan comincia a tenere un diario dove annoterà tutto il suo dolore, tutte le sue domande sulla vita e sulla veridicità del potere staliniano.

Per Ivan il diario diventa subito tutta la sua vita e la sua salvezza. Ci sono passaggi del diario dove scrive tutta la sua sofferenza nel trovarsi lì, fuori dalla civiltà, prova pena per i detenuti (zek) e per se stesso. Aveva la responsabilità di sorvegliare gli zek che evadevano in continuazione e il lavoro della costruzione della ferovia. Si lavava una volta al mese, dormiva in una baita fredda e umida. Viveva con un unico pensiero: andarsene al più presto da lì! “Fa freddo, ho ammazzato un pidocchio, solo venti giorni fa stavo a Mosca. Vivevo. E qui? Qui non c’è niente, è spaventoso e inconcepibile. La vita appare da ora irrisoria e inutile… Ci sono gli zek al lavoro. Si guadagnano la libertà con metri cubi di terra e metri di rotaie. E io come mi guadagno la mia smobilitazione? Non mi sono lavato, non c’era acqua. E domani? Forse sarà lo stesso…”

Gli inverni siberiani sono freddi, Ivan descrive il freddo come un grande nemico, ci sono giornate che arriva anche a -45°C. “Fa freddo fuori e dentro. Anche nella mia anima è freddo e buio… Oggi non abbiamo più legna, ho le mani gelate… Per dormire mi avvolgo in due coperte, un cappotto di pelle e un pellicciotto. Questo è il vuoto, sento che io stesso sono vuoto. Tutto mi è indifferente, se qualcuno evade non andrò a cercarlo, che vada al diavolo…”, “Intanto gli zek evadono. La libertà. La libertà anche con il freddo e la fame, niente può sostituire la strada. D’altronde anche a me piacerebbe passare una giornata fuori da lagher…”. Le sue giornate passano tra domande, sofferenze, fame, freddo, voglia che arrivi la primavera. Ivan non aveva amici, non poteva averli perchè si renderà conto che i soldati arruolati erano degli analfabeti, rozzi, ignoranti e incolti, non sa con chi sfogare la sua rabbia ed i suoi dubbi: “I giorni passano e qual è il mio futuro?” , “Ogni giornata vissuta è un pezzo di vita, che si sarebbe potuto vivere e non vegetare…”.

I mesi passano e il suo stato d’animo peggiora, pensa addiritura al suicidio, scrive poesie struggenti e non crede più agli slogan staliniani. Quando legge qualche giornale sovietico come ad esempio “La stella rossa” non crede più agli articoli che descrivono l’Unione Sovietica come un “paese della scienza” : davvero un paese evoluto può lasciare i suoi militari a vivere in condizioni del genere?

Ivan Cistjakov rimarà in servizio lì nelle taighe della Siberia per due anni. Due anni vissuti al confine del mondo; troverà la forza per resistere ed andare avanti, nella natura, perchè aveva capito che contro l’orrore del BAM poteva combattere solo con la maestosa potenza della taiga, delle montagne, delle foreste. Affida al diario pensieri che all’epoca sarebbero risultati antisovietici, ma nel profondo lui capisce e sa che quella era la verità, capisce che nel sistema staliniano l’individuo non vale niente! Capisce che i lagher sono una cosa mostruosa e si sentirà più vicino ai detenuti che al sistema sovietico, era sempre più sbalordito dalle condizioni spaventose e disumane in cui versavano i detenuti, impegnati nel faticoso lavoro forzato della costruzione della ferrovia.

Tenere un simile diario era estremamente pericoloso all’epoca. Grazie a queste pagine possiamo renderci conto della vita che c’era in un gulag, delle condizioni e degli stati d’animo. Praticamente non solo i detenuti soffrivano e dovevano pagare una pena mostruosa, ma anche i militari sovietici che venivano arruolati per la sorveglianza diventavano automaticamente delle vittime di un regime totalitario.

Nel 1937 Ivan Cistjakov verrà arrestato. E’ davvero un miracolo come il suo diario non sia finito nelle mani delle spie sovietiche.

Grazie a questa sua testimonianza possiamo ancora di più capire la malvagità di un remige spaventoso, fanatico e disumano!

Quando da qualche parte sui social leggo commenti del tipo: “Deve andare in Siberia” o “Deve essere mandato ai lavori forzati in Siberia”, rabbrividisco! Non augurerei nemmeno al mio peggior nemico una mostruosità del genere. L’ignoranza di alcuni leoni da tastiera fa sempre capire quanta strada deve ancora fare l’umanita per farsi perdonare il passato!

Tatiana